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POZZUOLI/ Cinque anni fa l’operazione Penelope, il blitz che spazzò via un’intera generazione di camorristi

POZZUOLI/ Cinque anni fa l’operazione Penelope, il blitz che spazzò via un’intera generazione di camorristi
  • Pubblicato24 Giugno 2015

di Alessandro Napolitano

Il rimessaggio di barche della famiglia del boss, luogo simbolo dei Longobardi-Beenduce
Il rimessaggio di barche della famiglia del boss, luogo simbolo dei Longobardi-Beenduce

POZZUOLI – Sono trascorsi esattamente cinque anni dall’operazione “Penelope”, il maxi-blitz dei carabinieri che portò all’arresto di ben 84 persone. Tutte accusate di far parte del clan Longobardi-Beneduce e che di fatto portò alla decapitazione dell’organizzazione. Più precisamente della seconda generazione del clan che, dopo il blitz del 2003 per le estorsioni al mercato ittico, vide emergere un nuovo gruppo. Centinaia i militari impegnati nel rione Toiano, a Monterusciello, Licola e Quarto.

DATA STORICA – Una data in qualche modo storica per la città quella del 24 giugno del 2010. Svegliata all’alba dai lampeggianti dei carabinieri e dagli elicotteri che per l’intera giornata sorvolarono l’area flegrea. Ad essere arrestata l’intera famiglia Pagliuca, ritenuta dall’Antimafia di Napoli il braccio destro del boss Gennaro Longobardi, che all’epoca si trovava in carcere già da 8 anni.

“MAZZATA” GIUDIZIARIA – Seguirono diversi processi, tra riti abbreviati, ordinari e sentenza di appello. Con pene esemplari. Come quelle a 17 anni e 4 mesi per Salvatore e Procolo Pagliuca, rispettivamente padre e figlio. E ancora 14 anni e 8 mesi per la capofamiglia, Partorina Arcone. Un intero clan falcidiato, dunque. Anche se negli anni a venire non sarebbero mancati numerosi altri arresti e condanne nei confronti di altri affiliati che continuavano a spendere il nome del clan per estorcere denaro a commercianti ed imporre il potere dell’organizzazione nell’area flegrea.

COSA E’ CAMBIATO – Cinque anni durante i quali la geografia criminale di Pozzuoli e delle aree limitrofe è radicalmente mutata. Basti considerare le altre pesanti condanne nei confronti di capi e gregari del clan Polverino, operante soprattutto a Quarto, ad esclusione della zone del Bivio, in mano da sempre ad un sottogruppo dei Longobardi-Beneduce. Resta ben poco, quindi, di quel clan. Ad iniziare da uno dei luoghi simbolo, come il rimessaggio di imbarcazioni della famiglia Pagliuca nel rione Toiano. Ridotto in macerie dalle ruspe assieme ad altre due strutture e ritenuto vera e propria centrale operativa del clan. E dove venivano prese tutte le decisioni più importanti.

LA NUOVA GENERAZIONE – Ma la camorra continuerebbe ad operare, magari con un profilo più basso. Lo testimoniano non solo i continui arresti, ma anche le parole del pm antimafia Antonello Ardituro, oggi membro del Consiglio superiore della magistratura: «Quando un clan della camorra è in difficoltà economica il primo dato che emerge riguarda i collaboratori di giustizia. Questi aumentano se l’organizzazione si ritrova indebolita. Al contrario, se gli introiti illeciti continuano a riempire le casse del clan, solitamente non ci sono nuovi pentiti. E’ ciò che riguarda il clan Longobardi-Beneduce». Dunque, un clan che ancora una volta si sarebbe rimesso in piedi, con nuovi uomini e nuove energie.