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CAMPI FLEGREI/ Il mercato nero mette in ginocchio i pescatori di telline «Non ne possiamo più» Inviato dossier alla Procura – LE FOTO

CAMPI FLEGREI/ Il mercato nero mette in ginocchio i pescatori di telline «Non ne possiamo più» Inviato dossier alla Procura – LE FOTO
  • Pubblicato8 Marzo 2014

di Angelo Greco

Uno dei venti pescatori di telline che ha presentato denuncia alla Procura della Repubblica

POZZUOLI – Sono ben 29 le imbarcazioni, molte delle quali appartenenti alla marineria puteolana e flegrea, che da “Resina” fino al basso Lazio praticano la pesca alle telline. Oltre 50 famiglie che negli ultimi mesi sono messe alle corde dalla pesca di frodo. Un problema che da anni affligge i pescatori di questo speciale “frutto di mare” ma che negli ultimi tempi, complice una crisi sempre più asfissiante, sta diventando ormai insostenibile. Una concorrenza sleale tanto pesante da costringere 20 dei 29 piccoli imprenditori del mare ad adire alle vie legali presentando, ormai quasi un anno fa, una denuncia alla Procura della Repubblica.

 

LA CONCORRENZA SLEALE – A raccontare lo stato delle cose due rappresentanti dei 20 “denuncianti” che spiegano il grave momento di disagio. «La situazione è ormai insostenibile, il mercato nero è sempre più forte non riusciamo ad andare avanti – spiegano – Ci sono gli abusivi con i rastrelli che in primo luogo come pescatori amatoriali potrebbero raccogliere solo 3 chili di prodotto al giorno ed invece ne pescano oltre 50 usando anche attrezzatura che non avrebbero in dotazione. La legge infatti prevede che il pescatore amatoriale possa utilizzare un rastrello molto più piccolo di quello usato. Gli abusivi distruggono inoltre il novellame, pescano tutto e lasciano anche molte telline a morire sulla battigia». 

 

NON AUTORIZZATI –  Oltre ai pescatori amatoriali ci sono anche delle imbarcazioni che pescano senza autorizzazione. e quelle dedite ad altra pesca che sconfinano danneggiando in maniera sostanziosa i pescatori di telline  «Abbiamo contato ben 7 imbarcazioni che pescano senza alcun permesso, non capiamo come le autorità competenti al controllo non le abbiano ancora individuate. – denunciano i pescatori – Le imbarcazioni che praticano la pesca con “turbo aspiranti” possono pescare ad una distanza non inferiore ai 150 metri dalla battigia invece ce li troviamo molto più vicini creando un danno enorme al ripopolamento».

 

MANCATI CONTROLLI – I pescatori, inoltre, denunciano i mancati controlli nella vendita al dettaglio: «Il nostro prodotto viene etichettato e messo nelle apposite reti al momento dei controlli ai punti di sbarco del mercato ittico all’ingrosso. Quando viene immesso sul mercato dunque è un prodotto sicuro e tracciabile, invece naturalmente quello degli abusivi no. Va detto spesso pescato in acque non classificate immettendo così sul mercato un prodotto potenzialmente nocivo. Infine,  lanciano anche un’idea su come arrestare il mercato nero – Basterebbe controllare i banconi delle pescherie per stroncare il sistema, come fanno a vendere prodotto non certificato? Un giro di controlli nelle pescherie farebbe venir fuori molte irregolarità».

 

LE VIE LEGALI – Come detto, 20 piccoli imprenditori lo scorso luglio hanno dato via ad un’azione legale per tutelarsi dinnanzi a questi problemi che stanno mettendo in ginocchio il comparto «La cosa incredibile – spiegano i due – è che la Procura voleva archiviare la nostra denuncia dichiarando che le autorità competenti non avevano segnalato alcuna irregolarità in tutte le azioni di controllo sul litorale. Per andare avanti nell’azione ci è stato chiesto di fornire noi le prove di quanto denunciato. Prove fotografiche che siamo riusciti a raccogliere in poche ore di sopralluoghi». L’azione legale dunque va a avanti. I pescatori hanno infatti fornito una grossa documentazione alla Procura della Repubblica, della quale le foto pubblicate sono solo un piccolo estratto.

 

LE FOTO

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