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Sentenza riconosce il clan “Pariante” a Bacoli e Monte di Procida: il boss condannato, in otto a processo – I NOMI

Sentenza riconosce il clan “Pariante” a Bacoli e Monte di Procida: il boss condannato, in otto a processo – I NOMI
  • Pubblicato12 Marzo 2025

BACOLI – Per la prima volta una sentenza ha riconosciuto l’esistenza del clan Pariante a Bacoli e Monte di Procida. E’ stata pronunciata ieri, durante il processo di I grado celebrato con rito abbreviato – sezione 45 Gip Tribunale di Napoli – con la condanna a sei anni e otto mesi di carcere del boss Rosario Pariante, 68 anni,  detto “chiappariello”, fondatore del cartello di Secondigliano insieme a Paolo Di Lauro alias “Ciruzzo ‘o milionario” e poi diventato boss degli Scissionisti di Scampia con i quali diede vita alla più sanguinosa guerra di camorra che lasciò a terra oltre cento morti tra Napoli e provincia. Pariante è stato riconosciuto per la prima volta quale capo, promotore e organizzatore del clan nell’area flegrea fino al 2014, anno del suo pentimento. Del suo gruppo criminale avrebbero fatto parte altre otto persone, tra cui il figlio Gennaro ritenuto attualmente a capo dell’organizzazione insieme allo zio Vincenzo, due imprenditori e un ex dipendente del comune di Bacoli che sono stati tutti rinviati a giudizio al termine delle indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Pozzuoli e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.

I NOMI – Gli indagati rinviati a giudizio sono: Gennaro Pariante, 48 anni; Osvaldo Carannante, 68 anni; Giuseppe Ilario, 74 anni; Domenico Buonomano, 52 anni; Antonio Carannante, 70 anni; Salvatore Di Meo, 54 ani; Ciro Palma Esposito, 51 anni; e Tommaso Babo. Sugli otto  pende il capo d’imputazione del 416 bis, ovvero l’accusa di associazione a delinquere di tipo mafioso. Le indagini hanno permesso di ricostruire anni di camorra nei comuni di Bacoli e Monte di Procida e la longa manus del clan Pariante su ogni fonte di reddito.

LA LONGA MANUS – La gestione degli specchi d’acqua, che con i posti barca a Baia, Miseno e Acquamorta generano notevoli indotti economici; la vendita di pesci e frutti di mare al mercato ittico di Pozzuoli attraverso società riconducibili ai vari affiliati; il pizzo a imprenditori e commercianti; il controllo dei parcheggi abusivi; il traffico di sostanze stupefacenti e la gestione di numerose piazze di spaccio di eroina, cocaina, hashish e marijuana. Droga che nel corso degli anni sarebbe giunta a Bacoli direttamente dagli “amici” di Secondigliano. I soldi incassati venivano poi ripartiti tra gli affiliati e destinati per il sostentamento dei detenuti e delle loro famiglie. Tra le accuse rivolte al boss e ai suoi affiliati c’è anche quella di aver messo le mani sulla politica e sulle amministrazioni comunali di Bacoli e Monte di Procida attraverso il condizionamento degli organismi comunali.