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Cronaca Pozzuoli Primo Piano

POZZUOLI/ E’ uscito dal carcere il figlio del boss Gaetano Beneduce

POZZUOLI/ E’ uscito dal carcere il figlio del boss Gaetano Beneduce
  • Pubblicato29 Marzo 2023

POZZUOLI – Dopo quasi diciotto anni di detenzione è uscito dal carcere Rosario Beneduce, 40 anni, figlio del boss di Pozzuoli Gaetano Beneduce. Arrestato nel 2005 per rapina, nel 2010 finì nella maxi operazione Penelope e condannato in via definitiva a 12 anni di carcere per associazione a delinquere di stampo camorristico. Era uno degli esponenti di spicco del clan capeggiato dal padre nonché promotore della faida contro il clan Pagliuca di Toiano. Il rampollo del clan si occupava, insieme Massimiliano Testa detto “o sciacallo”, della gestione delle varie piazze a Monterusciello e in particolare al Rione Toiano, la roccaforte dei Beneduce. Scarcerato nella giornata di martedì 28 marzo, Rosario Beneduce resta sottoposto a una serie di misure cautelari tra cui gli obblighi di firma e di dimora nel comune di residenza.

LA LETTERA – Beneduce junior fu tra i promotori della faida contro i Longobardi-Pagliuca, patto quest’ultimo che spinse il 40enne ad inviare una lettera a Procolo Pagliuca nella quale lo definiva “boss Lino”. «Non serve a niente che ti vai a vaviare vicino alla gente di Napoli perché tu forse non lo sai povero **** buffone che tu e pure i napoletani compreso tutta la tua famiglia ci fate ******* ho saputo un pò di cose sul tuo conto e adesso mi hai fatto arrabbiare…è inutile che vai a parlare vicino ai napoletani testa di *****».

IL RAMPOLLO DEL BOSS – Un lungo curriculum criminale quello del rampollo dei Beneduce: nel 2005, allora 22enne, fu arrestato insieme a Francesco De Felice per una rapina ai danni del bar dove oggi sorge la stazione di servizio Q8 in via Campi Flegrei. I due furono bloccati sul fatto da un maresciallo dei carabinieri della compagnia di Pozzuoli libero dal servizio che sventò il colpo e arrestò i due con l’ausilio dei colleghi giunti sul posto. Da detenuto, nel 2020, ha partecipato alla rivolta nel carcere di Melfi insieme ad un albanese e due calabresi. Accusati di sequestro e devastazione, nei loro confronti il pm ha chiesto pene da 8 a 9 anni e 10 mesi.