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Abuso sul lago D’Averno, dopo 57 anni di sentenze e ricorsi arriva l’abbattimento

Abuso sul lago D’Averno, dopo 57 anni di sentenze e ricorsi arriva l’abbattimento
  • Pubblicato14 Luglio 2017

POZZUOLI – Ha dell’incredibile la vicenda riguardante l’abbattimento di una casa ritenuta abusiva, iniziata ben 57 anni fa e che solo ora sembra avviarsi verso la soluzione. Era infatti il lontano 1960 quando arriva il primo provvedimento, emanato in quella occasione dal Ministero della pubblica istruzione, all’epoca competente in materia.

L’INFINITA SERIE DI RICORSI E SENTENZE – Si trattava di un ordine di demolizione per una casa realizzata sulle sponde del lago d’Averno. La proprietaria tentò di superare l’ostacolo proponendo una delocalizzazione dell’abitazione – una sorta di cottage in parte prefabbricato – uno spostamento di alcuni metri che però venne bocciato da Roma sette anni dopo. Nel 1967 ad intervenire fu la ex Soprintendenza ai monumenti della Campania, altro organo che si pronunciò per la demolizione del manufatto. Passano altri tre anni e nel 1970 arriva una sentenza del Consiglio di Stato che di fatto sovvertì quanto deciso dalla Soprintendenza.

BATTAGLIA GIUDIZIARIA SENZA PRECEDENTI – Tra i due organi scoppia una vera e propria guerra a colpi di carta bollata andata avanti fino al 1981, anno in cui Palazzo Spada giudica inammissibile l’ennesimo ricorso della Soprintendenza. Ma nel 1985 l’allora Governo Craxi vara il primo storico condono al quale la proprietaria decise di appellarsi per fare valere le proprie ragioni. La domanda viene presentata l’anno dopo e ad entrare in scena sarà il Comune di Pozzuoli, rigettandola. Nel frattempo la proprietà passa alla figlia della proprietaria, nel 1989. Sarà la “subentrante” a dover combattere contro via Tito Livio, che decise per l’acquisizione al patrimonio comunale del villino in riva al lago. Passano altri anni e si arriva ai giorni nostri.

LA “VITTORIA” DEL COMUNE – Nel 2007 la battaglia legale si riapre, con la difesa della nuova proprietaria ancorata ad un principio: si sarebbe trattato di una violazione di natura ambientale e non edilizia e dunque non poteva intervenire alcuna acquisizione coatta. Oggi la vicenda si è conclusa davanti al Consiglio di Stato, che ha dato ragione al Comune. Il villino, dunque, passerà all’ente che potrà poi abbatterlo a quasi 60 anni dal primo ordine di demolizione.