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QUARTO/ Pizzo ai parcheggi, scarcerato Di Roberto junior «Non fu lui ad aggredire il 91enne»

QUARTO/ Pizzo ai parcheggi, scarcerato Di Roberto junior «Non fu lui ad aggredire il 91enne»
  • Pubblicato10 Aprile 2024

QUARTO – Antonio Di Roberto torna libero. Il 27enne, finito in cella con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso in quanto per gli inquirenti avrebbe agito per nome e per conto del boss quartese Salvatore Cerrone, è stato scarcerato. Di Roberto era stato arrestato dai carabinieri della Compagnia di Pozzuoli: a metà marzo è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP Maria Gabriella Iaculli su richiesta della DDA di Napoli.  In manette anche il fratello Cristian Di Roberto (che resta in carcere). A smontare l’accusa, che vedeva il 27enne colpevole anche di aver picchiato il titolare 91enne di un parcheggio privato di Pozzuoli, ci ha pensato il suo avvocato Luca Gili che ha prodotto una ricca documentazione fotografica per dimostrare che il suo assistito non fosse l’aggressore. Al tribunale del Riesame, infatti, è stata riascoltata la persona offesa, la quale ha ritrattato affermando che ad aggredirlo sarebbe stato il padre del giovane, ovvero il 49enne Raffaele Di Roberto, detto “‘o russ”, morto due settimane fa in carcere. Una tesi difensiva che è stata poi accolta dai giudici che hanno disposto la scarcerazione di Antonio Di Roberto.

LA VICENDA – “O Russ” due giorni dopo il suo arresto è stato rinvenuto senza vita in una cella nel reparto T2 del carcere di Secondigliano, quello riservato ai detenuti in isolamento. L’uomo sarebbe stato stroncato da un infarto poco prima di essere ascoltato dai magistrati a cui avrebbe dovuto raccontare fatti, fornire riscontri e mettere a nudo i clan di Pozzuoli, Quarto e Marano. Di Roberto senior si era illuso di poter barattare le sue confessioni con la liberazione dei figli arrestati pochi giorni prima nell’ambito dell’inchiesta dell’Antimafia per estorsione ai danni dell’anziano titolare di un parcheggio di via Campana, attività che i due fratelli secondo una prima ricostruzione degli inquirenti avrebbero condotto insieme a un altro complice per nome e per conto del clan de “gli amici del Bivio” di Quarto.