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POZZUOLI-QUARTO/ Discarica al Castagnaro, la denuncia degli archeologi: «Si rischia di danneggiare un lembo di territorio secondo solo a Roma»

POZZUOLI-QUARTO/ Discarica al Castagnaro, la denuncia degli archeologi: «Si rischia di danneggiare un lembo di territorio secondo solo a Roma»
  • Pubblicato8 Febbraio 2012
Una struttura romana sul Monte Gauro

POZZUOLI/QUARTO –  A dire “No” all’apertura di una discarica in località Castagnaro sono anche gli archeologici che vanno ad aggiungersi alle tante persone, associazioni e comitati che da settimane sono in lotta per scongiurare il “pericolo”. Ora ad alzare la voce è anche il Gruppo Archeologico Napoletano che denuncia come la realizzzione di una discarica, che oltre alla presenza del sito stesso, possa distruggere l’intera area soprattutto attraverso la realizzazione delle opere accessorie per la realizzazione della discarica, quali strade e rimodellamento dei costoni, che, secondo il G.A.N. potrebbero danneggiare un lembo di territorio che è secondo solo a Roma per presenze archeologiche, non solo romane.

REPERTI ARCHEOLOGICI –  E’ di questi giorni la notizia che la Regione Campania vuole aprire una discarica tra Pozzuoli e Quarto, nell’area del Castagnaro. Peccato che l’area in questione sia stata oggetto di numerosi rinvenimenti di strutture e materiali archeologici che vanno dalla preistoria al medioevo. Il sito individuato per lo stoccaggio del FUT (frazione umida tritovagliata) si trova in due cave dismesse, non lontano dalla Montagna Spaccata. E’ questa l’area dove il Gruppo Archeologico Napoletano ha effettuato numerose ricognizioni negli anni ’70 ed ’80 segnalando la presenza di evidenze archeologiche di età romana riferibili sia a mausolei funerari sia a ville rustiche che occupavano le pendici del Monte Gauro per sfruttare il territorio da un punto di vista agricolo, in particolare per la viticoltura (famoso era il vino Gaurano decantato da diversi scrittori dell’epoca).

La manifestazione anti-discarica di sabato scorso

PERICOLI –  Spiega il dottor Marco Giglio, presidente dell’associazione “In tutto il Monte Gauro”, «Come lungo il tracciato della Via Campana, strada di antichissime origini, è facile imbattersi in poderosi resti di cisterne, di strutture murarie abitative e di mausolei. Molte di queste sono a rischio per la presenza di scavatori clandestini, altre sono state distrutte dall’incessante abusivismo edilizio. A preoccupare è soprattutto la realizzazione delle opere accessorie per la realizzazione della discarica, quali strade e rimodellamento dei costoni, che potrebbero danneggiare un lembo di territorio che è secondo solo a Roma per presenze archeologiche, non solo romane. Proprio sulla Montagna Spaccata, nei pressi delle cave infatti, la Soprintendenza ai beni archeologici di Napoli, agli inizi degli anni ottanta, individuò un abitato dell’età del bronzo medio (XV secolo a.C.) i cui materiali recuperati sono in parte esposti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. E non mancano strutture dell’epoca medievale: lo studioso Rosario Di Bonito identificò, inglobati in alcuni edifici rurali, i resti di un abitato fortificato, il Castro di Serra, fondato da Roberto I, principe di Capua e citato in un documento del 1119. Tali resti dovrebbero essere pertinenti ad una chiesa dedicata a San Nicola, ad un mulino-torre e ad un’altra torre.

SCEMPI ARCHEOLOGICI –  «Ancora una volta – prosegue Marco Giglio – ad essere colpito è il territorio dei Campi Flegrei, ricchissimo di emergenze storiche, archeologiche e naturalistiche, che negli ultimi anni ha visto moltiplicarsi le chiusure dei monumenti ed il degrado. Inaccessibili il Rione Terra, le necropoli romane di Via Celle e San Vito, lo Stadio di Antonino Pio (inaugurato ad ottobre del 2008 dopo aver speso 8 milioni di euro e poi chiuso poco dopo), il parco della Via Neapolis Puteoli (mai aperto), mezzo Museo Archeologico del Castello di Baia, la cisterna di Cento Camerelle a Bacoli, per citare solo gli esempi più eclatanti. E quel poco che è visitabile, spesso è inaccessibile per altre cause come accade all’anfiteatro di Pozzuoli in mancanza di custodi».

MAURO MARTINO