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Cronaca Pozzuoli Primo Piano

POZZUOLI/ Pizzo di Pasqua: condannati gli estorsori di un ingrosso di bibite

POZZUOLI/ Pizzo di Pasqua: condannati gli estorsori di un ingrosso di bibite
  • Pubblicato6 Luglio 2023

POZZUOLI – Undici anni e quattro mesi in due. E’ la somma delle condanne ricevute dal ras di Monterusciello Emilio Capasso e da Antonio Fariello per l’estorsione aggravata ai danni di un distributore all’ingrosso di bibite. La sentenza è stata emessa questa mattina dal Gip della diciottesima sezione del Tribunale di Napoli durante il processo celebrato con rito abbreviato. Capasso, 39 anni (difeso dall’avvocato Luca Gili) è stato condannato a 6 anni di carcere (contro i 10 chiesti dal pm); mentre Antonio Fariello detto “forte abbracci”, è stato condannato a 5 anni e 4 mesi di carcere ma gli è stata riconosciuta l’estraneità al clan. Secondo l’accusa i due avevano chiesto al titolare dell’attività commerciale 2.500 euro quale “rata di Pasqua” da versare nelle casse del gruppo camorristico formato sull’asse Monterusciello-Rione Toiano che fino al marzo dello scorso anno aveva a capo proprio Emilio Capasso.

MAI DENUNCIATO – La vittima ha sempre negato di aver ricevuto richieste estorsive, né da Capasso e Fariello né in passato. Versione che non combacia da quanto raccontato dal pentito di camorra Antonio Ferro in merito al pizzo ai danni di esercizi commerciali a via Campana e ristoranti di Pozzuoli “…I titolari sono vari fratelli…pagavano 2.500 euro tre volte l’anno”. I due, all’epoca dei fatti contestati, erano stati fermati dai carabinieri della sezione operativa di Pozzuoli mentre stavano per lasciare il deposito di via Campana, teatro dell’estorsione. Nel bagaglio dell’auto sulla quale viaggiavano, una Nissan Qashqai, fu rinvenuto un cospicuo quantitativo di bibite mentre addosso a Fariello la somma di 2.500 euro suddivisa in banconote da 50 euro, ritenuta la rata del pizzo pagata dall’imprenditore. Altri indizi emersero dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza dell’attività commerciale, che ripresero i due entrare e uscire dagli uffici del deposito in due differenti momenti a distanza di poche ore, e le testimonianze di terze persone che portarono gli inquirenti a chiudere il cerchio attorno ai due. In particolare sulla somma in possesso di Fariello le indagini hanno portato a smentire quanto dichiarato dall’uomo, il quale sosteneva che quei soldi sarebbero serviti per pagare il fitto dell’attività commerciale della moglie, un dipendente e il proprio commercialista.