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LA STORIA/ Vi presentiamo le “Terme di Nettuno”, tesoro di 19 secoli fa

LA STORIA/ Vi presentiamo le “Terme di Nettuno”, tesoro di 19 secoli fa
  • Pubblicato2 Giugno 2014

di Luigi Di Razza

Il Tempio di Nettuno
Il Tempio di Nettuno

POZZUOLI – Pozzuoli, corso Terracciano, a pochi passi dall’ufficio postale locale – o tanto per ricordarlo – a una decina di metri dalla terza arena del mondo romano per dimensioni: l’Anfiteatro Flavio. Proprio lì, quasi sul ciglio della strada, immobile da diciannove secoli. Certo, ne sono successe di cose in tutto questo tempo, ma nonostante i corsi e ricorsi storici, i resti delle “Terme di Nettuno” (erroneamente conosciute come “Tempio di Nettuno”) sono ancora lì. Lì dove una volta sorgeva il più grande e maestoso complesso termale dell’antica Puteoli, e dove adesso c’è una residenza privata con annesso campetto di calcio – contrariamente al bene archeologico – sempre disponibile su prenotazione.

 

I giardinetti del Tempio
I giardinetti del Tempio

IL TEMPIO – L’impianto, eretto nella prima metà del II secolo, comprendeva una struttura a pianta assiale, con un percorso che seguiva la successione calidarium-tepidarium-frigidarium-natatio. Entrati nell’area del frigidarium, si scorgono tutt’ora i resti di una serie di ambienti disposti sui due lati dell’abside; essi avevano volte alternate a botte e a crociera ed erano decorati da mosaici. Dall’attuale livello di calpestio, lungo i muri, sporgono le sommità di arcate e volte degli ambienti sottostanti. Le strutture a valle, relative agli ambienti caldi, non sono visitabili in quanto danneggiate da crolli e successivamente coperte. All’interno del civico 102 di via Pergolesi si possono ancora osservare, in discreto stato di conservazione, i praefurnia. Il notevole dislivello tra questi resti e quelli di via Terracciano dà la misura dell’estensione delle terme e dei salti di quota esistenti fra le terrazze su cui erano disposte, creando un effetto scenico sorprendente agli occhi dei viaggiatori provenienti dal mare.

 

IL NINFEO – Esattamente dinanzi alle terme, parzialmente coperto da un complesso sanitario locale, giacciono invece i ruderi del “Ninfeo di Diana”, evidentemente collegato al complesso termale. Costruito in opera laterizia, presentava il perimetro esterno rettangolare con il lato breve, in cui si apriva l’ingresso, concavo. La sala interna, a pianta circolare, era illuminata da ampi finestroni. Oggi, ad esempio, ben conservati risultano solo il basamento circolare e parte dell’alzato con evidenti restauri moderni. Il nome “Ninfeo di Diana”, come già accaduto per il ritrovamento di una statua del re greco-egizio Serapide nel “Macellum”, deriva dal rinvenimento di una statua della dea protettrice delle donne. Il Ninfeo, sopravvissuto quasi del tutto integro fino al XVIII secolo, appassionava i primi visitatori del Gran Tour (lungo viaggio nell’Europa continentale effettuato dai ricchi giovani dell’aristocrazia europea) che proprio nei pressi del ninfeo amavano sostare e raffigurarlo nei loro dipinti, ma che adesso, tra la visita di uno sporadico turista, le automobili parcheggiate in sosta e l’accumulo di rifiuti e sterpaglia dovuti all’incuria, completano un triste quadro di una realtà, che fino a qualche secolo fa, tutto il mondo ci invidiava, e che, forse, non sappiamo nemmeno riconoscere.