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«La Fabbrica del Sogno» l’Olivetti dagli anni ’50 fino alla modernismo attuale

«La Fabbrica del Sogno» l’Olivetti dagli anni ’50 fino alla modernismo attuale
  • Pubblicato2 Luglio 2019

POZZUOLI – «Se l’autore bara e scrive di cose che non gli stanno a cuore o di cui non è convinto, allora non può aspettarsi che qualcun altro mostri interesse per il racconto.» Così cattedratiche risuonano le parole dello scrittore americano Raymond Carver, forse uno dei più bei periodi scritti circa l’ambivalenza lavoro-passione. Questa ammonizione non vale solo per l’arte della scrittura, ma per tutti i praticanti speranzosi che coltivano passioni, e creano prodotti d’offerta riservati al pubblico. Senza passione non si produce bellezza, e il nostro sforzo è nullo. Invece, quando la retta della passione incide quella del talento, si producono delle opere uniche ed irripetibili. Non è un caso, quindi, che la macchina da scrivere olivettiana – archetipo del Made in Italy – «la Lettera 22» sia esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York, perché Adriano Olivetti, l’ingegnere-imprenditore italiano, oltre ad essere stato un grande innovatore nel suo settore, è stato un «influsso» inspiratore per intere generazioni di uomini d’impresa.

LA FABBRICA DEL SOGNO – Era da tempo che, nel territorio flegreo, non si affrontavano tematiche economico-sociali in maniera interessante. Il meeting «La Fabbrica del Sogno» è stato molto seguito da un pubblico variegato formato da architetti, ingegneri, giornalisti e curiosi; inoltre, la kermesse è stata curata: dal Comune di Pozzuoli, dalla Fondazione Adriano Olivetti, dal CAPP 80078 – Associazione tecnici flegrei, e dall’Associazione Archivio Storico di Ivrea. Il convegno si è svolto presso Auditorium dell’Istituto TIGEM di Pozzuoli, un’eccellenza italiana nel mondo. Dopo i saluti istituzionali del Professore Andrea Ballabio, attuale Direttore del TIGEM, l’evento è stato diviso in tre parti, e ha avuto diversi relatori d’eccezione: Maria Teresa Moccia Di Fraia, Assessore alla Cultura del Comune di Pozzuoli; Giovanni Orsi, Presidente CAPP 80078; Domenico Ceparano, architetto rappresentante dell’Ordine degli Architetti PPC di Napoli e Provincia; l’ingegnere Andrea Prota, Segretario dell’Ordine degli Ingegneri di Napoli; Giancarlo Cosenza; Pasquale Belfiore; Ugo Carughi; Francesco Rispoli; Roberto Gerundo, Assessore al Governo del Territorio del Comune di Pozzuoli; Cinthia Bianconi, Presidente Fondazione Adriano Olivetti; Gaetano Adolfo Maria Di Tondo, Vice Presidente Olivetti S.p.a – Presidente Archivio Storico; Bruno Discepolo, Assessore all’Urbanistica della Regione Campania. Tra i membri del dibattito c’era anche il Sindaco di Ivrea Stefano Sertoli, città nordica che fa parte del patrimonio dell’UNESCO.

GIOELLO FLEGREO – Tanti spunti di riflessione si sono susseguiti durante il meeting tecnico; la storia del comprensorio è stata sviscerata in tutti i vari punti, fino ad arrivare alle porte futuristiche della modernità che ci attraversa. Sono stati trasmessi – in alcune parti – due documentari filmici: Sud come Nord di Nelo Risi (fratello del celebre Dino Risi, regista legato al filone della commedia all’italiana) realizzato nel 1957; e Il Simbolo delle cose (2015) del regista Emiliano Mancuso in collaborazione con gli studenti del Liceo Virgilio di Pozzuoli.

IVREA E POZZUOLI – È importante dire che questa kermesse è uno dei tanti frutti prodotti grazie alla lunga sinergia tra il Comune di Pozzuoli e la Fondazione Adriano Olivetti, basti ricordare che l’acme di tale partnership si raggiunse il 7 marzo del 2016, con la firma del Protocollo d’Intesa tra i due stakeholders. Poche settimane fa, la Fabbrica Olivetti di Ivrea è diventata Patrimonio Unesco, e la professoressa Maria Teresa Moccia di Fraia, Assessore alla Cultura, era presente alla cerimonia istituzionale: «Sono andata ad Ivrea, per rappresentare il Comune di Pozzuoli. Avevo delle descrizioni fugaci di questa Città attraverso i ricordi degli operai, che si erano trasferiti nello stabilimento del Nord. L’architettura torinese si sviluppa in altezza, dando un grande senso di verticalità alla struttura, in contrapposizione agli impianti della Fabbrica puteolana che si estendono in orizzontale. L’esperienza è stata emozionante, poiché sono stata accolta da Beniamino de’ Liguori Carino, nipote di Adriano Olivetti, nella “Villa Belli Boschi”, ossia, la dimora privata di Adriano Olivetti. E, soprattutto, entrando nello studio dell’imprenditore, sono stata colpita da un forte sbalzo emotivo nel guardare la sua scrivania, immutata, nella sua fermezza. Gli arredi di design e le opere d’arte contemporanea rendono il luogo unico; inoltre nella stanza, in esposizione, ci sono i vari modelli delle macchine da scrivere olivettiane. Oggi, la casa è patrimonio degli eredi, ma è aperta per corsi di formazione, seguendo e rispettando i valori di Adriano.»

IL SIMBOLO DELLE COSE – Il documentario sul Comprensorio puteolano di Mancuso è un prodotto artistico molto ben montato e scritto, considerando anche la freschezza giovanile del susseguirsi del flusso narrativo. I giovani liceali virgiliani diventano bravi videomakers, alla ricerca di risposte sul passato e sul futuro. Come è cambiato il mondo dai tempi di Adriano Olivetti ad oggi? Nel 2015 fu proprio l’Assessore Moccia Di Fraia a curare il progetto: «In questo documentario abbiamo intercettato un campione limitato di giovani, che hanno scoperto il mondo della fabbrica. Una riscoperta empatica e storica, poiché oggi le fabbriche sono così lontane dal quotidiano, infatti i ragazzi non sapevano come si vivesse in una fabbrica, e come un operaio dovesse subire l’alienante lavoro della catena di montaggio. La Fabbrica puteolana ha seguito – negli anni ’50 e ’60 – una “buona pratica” testimoniata da numerosissimi ex dipendenti, che sono stati intervistati dagli studenti. Successivamente è stata narrata la mutazione attuale, difatti, sebbene fossero passati decenni dalla guida olivettiana, le aziende moderne avevano diversificato il loro modo di agire rispetto al sogno ideologico di Adriano. In questo tipo di Pozzuoli, diversa rispetto a quella di Risi, qual è il nostro posto? Ecco le domande cardine del film. Le biblioteche devono diventare dei contenitori culturali, si devono creare occasioni d’incontro del sapere. Olivetti creava tali possibilità. In futuro, sono in cantiere, non solo progetti sui giovani ma, inoltre, stiamo lavorando per l’avviamento dell’estensione del riconoscimento Unesco all’ex Fabbrica Olivetti di Pozzuoli, dopo il successo della Fabbrica piemontese.» Si ringrazia l’Associazione “Puteolis in Foto” per gli scatti mostrati; i librai Davide e Carlo delle “Libreie.coop Quarto” presenti al convegno con i libri olivettiani dell’Edizioni di Comunità.