Close
Cronaca Primo Piano

ESCLUSIVO/ Iacuaniello e Di Bonito uccisi dai Sarno-Longobardi. Il GIP: «Gli assassini possono aver cambiato vita»

ESCLUSIVO/ Iacuaniello e Di Bonito uccisi dai Sarno-Longobardi. Il GIP: «Gli assassini possono aver cambiato vita»
  • Pubblicato8 Luglio 2017
L’arresto di Salvatore Pagliuca

POZZUOLI – Uccisi con almeno 27 colpi esplosi da una mitraglietta UZI, massacrati lungo la variante che dal quartiere di Monterusciello porta a Quarto. Michele Iacuaniello e Gennaro Di Bonito, i fedelissimi del boss Gaetano Beneduce, furono uccisi per volontà di Salvatore Pagliuca, detto “Totore ‘o biondo”, il capo del gruppo Pagliuca, braccio armato del boss Gennaro Longobardi al Rione Toiano. Quel duplice omicidio, consumato il 26 giugno del 2008, -stando alle indagini della DDA- fu realizzato grazie all’appoggio fornito dal clan Sarno in virtù di un’allenza con i Longobardi.

IL PATTO – Un’alleanza consolidata dalla fine del 2007 e che prevedeva l’espansione dei Sarno su Pozzuoli in cambio di un supporto militare ai Longobardi impegnati nella guerra contro i Beneduce. In particolare l’oggetto degli accordi tra i due clan era il controllo del settore delle estorsioni e dell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti (settori più redditizi) ma anche il supporto offerto in occasione degli agguati contro gli esponenti dei gruppi contrapposti mediante la fornitura di uomini e mezzi (armi, auto, ecc.). E l’agguato a Di Bonito e Iacuaniello suggellò quel patto di ferro.

I NOMI DEGLI ASSASSINI – Anni di indagini da cui sono venuti fuori i nomi dei presunti mandanti, organizzatori ed esecutori, per i quali il Pm ha chiesto un’ordinanza di custodia cautelare. In tutto sono cinque, 4 appartenenti ai Sarno e uno ai Longobardi: Salvatore Pagliuca, 61 anni, detto “Totore ‘o biondo”, di Pozzuoli, attualmente in carcere; Luca Palumbo, 37 anni, pregiudicato di Napoli; Carlo Luongo, 51 anni, di Torre del Greco; Antonio Bevilacqua, 44 anni, pregiudicato di Napoli; Mario Morgese, 39 anni, detto “o cecat”, pregiudicato di Napoli. Insieme a loro –secondo l’accusa- vi era anche Umberto Palumbo, poi deceduto.

L’AGGUATO – Secondo quanto ricostruito dagli investigatori della Direzione Distrettuale Antimafia mandanti ed organizzatori del duplice omicidio furono Salvatore Pagliuca e Antonio Bevilacqua, mentre i killer furono Mario Morgese e Luca Palumbo. Secondo la ricostruzione dell’accusa a volere la morte dei due uomini di Beneduce fu “Totore ‘o biondo”, padre di Lino Pagliuca, entrambi reggenti del gruppo criminale che si muoveva per nome e per conto di Gennaro Longobardi. Padre e figlio sono in carcere dal giugno del 2010, arrestati durante la maxi operazione “Penelope” e condannati in secondo grado a 17 anni e 4 mesi di reclusione. A fare luce sul duplice omicidio le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, in particolare di Vincenzo Sarno, Giuseppe Sarno e Francesco De Felice.

“POSSONO AVER CAMBIATO VITA” – Richieste di carcerazione avanzate da PM che però sono state respinte dal GIP del Tribunale di Napoli in quanto “non vi è prova che gli indagati abbiano proseguito nella consumazione di condotte illecite, non potendo escludere che i medesimi possano essere cambiati nella propria personalità originaria” –ha scritto il giudice nell’ordinanza di rigetto della misura cautelare “…E’ indubbio infatti che se per un verso non può escludersi a sussistenza delle esigenze cautelari solo tenendo conto del periodo di tempo trascorso dal verificarsi dell’evento delittuoso –risalente ormai a 9 anni fa- è altrettanto vero che dette esigenze cautelari non posso essere desunte esclusivamente dalla gravità del fatto in oggetto di contestazione, soprattutto laddove si consideri che, considerata l’epoca non recente delle informative di PG (l’ultima delle quali risale al 17 gennaio 2014), nessun elemento ulteriore è stato acquisito che attesti il persistere della pericolosità degli indagati nonostante il decorso del tempo dal verificarsi dei fatti”. Per poi concludere “….a fronte del duplice omicidio commesso nell’anno 2008 e di indagini svoltesi nel corso del medesimo anno, unitamente all’acquisizione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia risalenti all’anno 2012, non vi è prova che gli indagati abbiano proseguito nella consumazione di condotte illecite, non potendo escludere che i medesimi possano essere cambiati nella propria personalità originaria”