Bradisismo, cause e soluzioni: intervista allo scienziato Tiziana Vanorio «Svuotare i pozzi realizzati a Pozzuoli negli anni ’80»

POZZUOLI – Tiziana Vanorio, geofisico puteolano e direttore del Laboratorio di Fisica delle Rocce e Geomateriali presso la Stanford University in California, offre una visione fuori dal coro sul fenomeno del bradisismo, supportata da dati, e propone una soluzione pratica. Vanorio ieri è intervenuta all’incontro sul tema “Bradisismo: meccanismi, cause e strategie di mitigazione” organizzato dalla Diocesi di Pozzuoli a cui hanno preso parte, tra gli altri, i sindaci dei comuni di Bacoli e Monte di Procida Josi Della Ragione e Salvatore Scotto di Santolo, il vicesindaco Filippo Monaco e l’assessore al governo del territorio di Pozzuoli Giacomo Bandiera e il presidente dell’ordine dei giornalisti Ottavio Lucarelli.
Professoressa, in estrema sintesi, la causa del bradisismo sarebbe legata alla ricarica del serbatoio geotermico. Com’è possibile?
«I Campi Flegrei sono un campo geotermico oltre che vulcanico. Il sollevamento e la successiva subsidenza tipici dei fenomeni bradisismici, la sismicità superficiale tra 1 e 4 km di profondità e i dati di 13 pozzi realizzati negli anni ’80 indicano che il fenomeno va interpretato considerando il serbatoio geotermico, che si ricarica lentamente nel tempo. Come in tutti i campi geotermici, il “carburante” del sistema è l’acqua meteorica, che si infiltra e si accumula nel sottosuolo di Pozzuoli con un processo ciclico e lento»
Ci può spiegare nel dettaglio il fenomeno che provoca i terremoti?
«Prima di tutto, bisogna dire che il sottosuolo prima si deforma (sollevamento) e poi si frattura (sismicità). La sismicità è il risultato di un processo di deformazione delle rocce nel tempo. Ora il problema è sempre stato capire cosa provoca questa deformazione. Tradizionalmente, da quarant’anni, si è sempre dato per scontato, in modo quasi ortodosso, che la causa del sollevamento sia il magma o suoi fluidi. Tuttavia, concentrarsi esclusivamente sulla camera magmatica non solo è scientificamente miope, ma rischia di generare pericolosi atteggiamenti fatalistici e di legittimare azioni di non intervento (d’altra parte, chi potrebbe fermare un magma in risalita?), entrambi accompagnati da diffusi giudizi moralistici verso i cittadini di Pozzuoli, colpevoli, secondo alcuni, di aver scelto di vivere a casa loro, in una città che esiste da 25 secoli. Detto questo, vengo alla sua domanda. I serbatoi geotermici possono essere paragonati a grosse spugne che si riempiono lentamente, alimentati dalle comuni piogge atmosferiche. Il problema per Pozzuoli è che il bradisismo è il risultato della natura geologica del sottosuolo, il cui meccanismo può essere paragonato a quello di una pentola a pressione. Negli ultimi vent’anni, i dati provenienti dai pozzi e la caratterizzazione dei carotaggi prelevati in profondità ci hanno indicato la presenza di una roccia porosa, una sabbia consolidata, che funge da serbatoio geotermico (la ‘pentola’), trattenendo al suo interno l’acqua di infiltrazione meteorica, il ‘carburante’ del sistema. Al di sopra, una roccia di copertura agisce come “coperchio”, con capacità cementizie che le permettono di deformarsi notevolmente. A circa 7-8 km di profondità, una massa magmatica svolge il ruolo di “bruciatore”, fornendo calore. Se l’acqua si accumula e, a causa delle alte temperature del “bruciatore”, si trasforma in vapore compresso senza poter fuoriuscire per la presenza della roccia di copertura (il “coperchio”), la pressione che si sviluppa nei pori della roccia (la “spugna”) – nota in fisica delle rocce come “pressione di fluido di poro” – provoca la fratturazione della roccia stessa, generando la sismicità che percepiamo. Questo meccanismo, descritto nei principali testi di meccanica delle rocce e in articoli scientifici fin dagli anni ’60, è ancora più rilevante in un campo geotermico, dove il rilascio di energia può causare esplosioni con onde acustiche, i classici boati avvertiti a Pozzuoli. Per comprendere l’enorme energia in gioco, basta pensare ai campi geotermici, dove l’acqua ad altissima temperatura si espande trasformandosi in vapore, lo stesso che alimenta le turbine per produrre elettricità.»
Di cosa si occupa il suo gruppo di ricerca e quali dati utilizza per ottenere i risultati descritti?
«Il mio gruppo studia la caratterizzazione dei serbatoi geologici, inclusi quelli geotermici, analizzando le proprietà fisiche e meccaniche delle rocce dai carotaggi dei pozzi. Questa conoscenza è essenziale per interpretare correttamente le immagini del sottosuolo ottenute tramite tomografia sismica (TAC). Senza comprendere le proprietà delle rocce, che è il fine ultimo, non è possibile interpretare correttamente i dati sismici e le anomalie che emergono dalle TAC. Nel 2005, quando ero all’Università di Nizza, abbiamo realizzato una TAC utilizzando i dati disponibili dalla crisi bradisismica del 1982-1984, evidenziando per la prima volta l’estensione del serbatoio geotermico, già indicato dai pozzi. Un’analisi più recente, condotta con i dati dell’attuale crisi bradisismica insieme ai colleghi dell’Università di Napoli, conferma la presenza del serbatoio geotermico — un serbatoio geotermico non può scomparire. Cosa più importante emersa già dalla TAC del 2005 è che, tra i 2 e i 4 km di profondità, l’anomalia delle onde sismiche non è compatibile con la presenza di una camera magmatica. I dati non evidenziano la presenza di magma nelle zone superficiali della caldera, né sue risalite.»
Quindi, se il serbatoio geotermico si ricarica, i maggiori sciami sismici avvengono nei periodi post-piogge?
«Ottima domanda, ed è importante fare chiarezza: non può esistere una correlazione diretta tra pioggia e sismicità. Per innescare eventi sismici serve pressione del fluido, non semplicemente il fluido stesso (acqua, vapore o CO₂). Questa pressione si genera solo se i fluidi si accumulano in un serbatoio sigillato. Facciamo due esempi semplici. Nel primo, immaginiamo 10-20 persone che gonfiano tutte lo stesso palloncino, ognuna rappresenta un evento piovoso. Il palloncino non scoppia con ogni singola gonfiata, ma solo quando la pressione interna supera quella esterna. Ogni persona contribuisce all’aumento della pressione, ma nessuna, presa singolarmente (come una singola pioggia), è responsabile dello scoppio. Le piogge apportano acqua, non necessariamente pressione. Il secondo esempio è più vicino a un sistema geotermico come i Campi Flegrei. Se versiamo un bicchiere d’acqua in una pentola mezza vuota in ebollizione, non succede nulla: il volume aggiunto è insufficiente a generare pressione. Ma se aggiungiamo anche solo poche gocce in una pentola già piena, o molta acqua in poco tempo, il volume in eccesso farà sobbalzare il “coperchio”. Se sigillato, l’aumento di volume crea un incremento di pressione potenzialmente pericoloso. Basta pensare a cosa accade se la valvola della moka o della pentola a pressione si ottura. Esiste un ottimo video che spiega questo fenomeno, realizzato quando il mio gruppo pubblicò il nostro studio su Science nel 2015.»
Possiamo dire che il magma è un fattore da non tenere in considerazione?
«Ci sono inoltre tre osservazioni che meritano attenzione. La prima riguarda la sismicità: se il bradisismo fosse causato dalla risalita del magma dal basso (ricordiamo che la comunità scientifica concorda sul fatto che la camera magmatica si trovi a circa 7-8 km di profondità), i terremoti dovrebbero iniziare a quelle profondità per poi diventare progressivamente più superficiali. Nella caldera di Long Valley, in California, si osserva chiaramente che la sismicità migra nel tempo verso l’alto. Il magma, o anche solo i suoi gas, per risalire deve farsi strada fratturando le rocce, generando così attività sismica. Pertanto, dovremmo registrare sismicità a partire dai 7-8 km di profondità, sede del magma, e osservare progressivamente una risalita della sismicità man mano che il magma si avvicina in superficie. Questa migrazione della sismicità verso l’alto, da 7 a 4 km, non si osserva nei Campi Flegrei. In secondo luogo, il magma e i suoi fluidi non possono risalire in modo silenzioso, ipotizzando che le rocce si comportino in modo duttile a causa della temperatura. Non solo non ci sono osservazioni chiare di un aumento della temperatura delle fumarole in superficie, ma anche estrapolando i dati di temperatura dei pozzi a 3 km fino a 7-8 km di profondità, i valori risulterebbero simile a quelli delle zone di subduzione della crosta, dove la sismicità è invece ben presente. La fisica delle rocce ci insegna che, a tali profondità, le pressioni sono così elevate da rendere poco probabile un comportamento duttile delle rocce. Infine, ammettiamo per un momento che l’ipotesi del magma in risalita sia fondata. Il magma risale, Occupa spazio, deforma il terreno e provoca il sollevamento osservato. Ma allora, dove finirebbero queste intrusioni magmatiche (i sills) quando il terreno si abbassa? È evidente che non possono semplicemente scomparire. Dopo la crisi bradisismica del 1982-1984, dal 1985 Pozzuoli ha subito 90 cm di subsidenza. La scorsa estate, tra agosto e settembre, si è registrato un lieve accenno di subsidenza, soprattutto nelle aree periferiche della caldera. Perché ciò avvenga, ciò che causa il sollevamento deve lasciare il sottosuolo. Le osservazioni mostrano che l’unico materiale in uscita attraverso le fumarole è vapore, acqua, e CO₂. Quindi, se consideriamo tutte le osservazioni e basandoci su fatti concreti anziché modelli, il magma in profondità, per ora, sembra svolgere il ruolo di “bruciatore” e non di “carburante” nel fenomeno bradisismico.»
Perfetto, concentriamoci sul carburante, il serbatoio geotermico. C’e’ una possibile soluzione per risolvere il problema del bradisismo?
«Se un fluido bolle e fa sobbalzare “il coperchio” di una pentola, abbiamo due opzioni per ridurre la pressione: o abbassare la fiamma oppure diminuire la quantità di fluido al suo interno. Ovvio, nessuno può eliminare il magma dalle profondità, con l’aggravante che, come già detto, concentrarsi sulla camera magmatica genera solo atteggiamenti fatalistici e fuorvianti. Un approccio, invece, pratico e proattivo, dovrebbe spingerci a concentrarci sul “carburante”: la pressione dei fluidi che alimentano il sistema. Prima di discutere di “esodi” e “delocalizzazioni”, in questi ultimi quattro anni si sarebbe potuto pensare a tenere sotto scacco il serbatoio geotermico emungendo la fase acquosa in eccesso, molto prima che raggiungesse Pozzuoli e creasse nuova sismicità. Ci sono i pozzi profondi come quelli di San Vito, a monte di Pozzuoli. Quali sono le loro condizioni? Potrebbero essere riaperti? È stato fatto un censimento dei pozzi acquiferi superficiali su tutto il territorio e una verifica delle variazioni delle falde nel tempo? Si è fatta una stima della pressione del serbatoio geotermico e come cambia nel tempo? L’obiettivo è monitorare e ridurre la pressione dei fluidi nel sottosuolo attraverso l’attuazione di misure preventive, prima che l’aumento della pressione nel serbatoio causi danni a strutture e persone. Prevenzione e controllo non significano solo “piani di evacuazione”, sarebbe come dire a un cardiopatico di continuare a fumare perché tanto esistono i bypass coronarici.»
Come si possono svuotare i pozzi?
«Emungendo acqua. Io mi occupo di caratterizzazione di serbatoi e delle loro proprietà, l’aspetto logistico e ingegneristico va pianificato con coloro che si occupano di ingegneria dei serbatoi.»
Quali istituzioni secondo lei dovrebbero intervenire?
«Questa domanda è per gli esperti di normativa sulle risorse sotterranee e la loro la gestione.»
Lei ha utilizzato dati a disposizione dell’intera comunità scientifica, inclusi quelli della deformazione, della sismicità ed i dati dei pozzi. Fa riferimento a un serbatoio geotermico la cui esistenza, è stata già messa in evidenza nel 2005. Oggi, a Pozzuoli, fortunatamente non si registrano vittime, ma i danni ad edifici e infrastrutture sono evidenti, e alcuni fabbricati risultano inagibili. Di fronte all’assenza di interventi precauzionali, si potrebbe configurare una negligenza tale da costituire un reato di danno?
«Non posso rispondere a questa domanda, in quanto rientra in un ambito di competenza giuridica. Una valutazione di questo tipo spetta a un magistrato, non a uno scienziato.»
Alla luce di questo studio possiamo dire che il pericolo eruzione che portò alla formazione del Monte Nuovo nel 1538 è da escludere?
«Purtroppo, no. Un’eruzione freatica, ovvero un’esplosione di acqua, vapore e cenere vulcanica, non è da escludere. Abbiamo assistito ad alcune recenti esplosioni in Colombia, a Yellowstone in USA, e in Indonesia. Niente magma, solo acqua e cenere vulcanica che esplodono violentemente, causando incendi. A Pozzuoli, le fonti storiche descrivono che nel 1538, l’enorme deformazione del suolo, fu seguita da un’esplosione di nuvole bianche di vapore, acqua fredda e poi di acqua bollente, mista a cenere e grossi frammenti di roccia. Le stesse osservazioni riscontrabili nei video moderni. Ne risultò la formazione del Monte Nuovo. Da scienziato, credo che, dopo 500 anni, sia un imperativo morale provare a mitigare il peso, economico e sociale, che grava sull’intera comunità di Pozzuoli. È fondamentale monitorare lo stato del serbatoio ed il livello della falda nei pozzi; prestare particolare attenzione agli abbassamenti di temperatura alle fumarole (non solo gli aumenti, forieri di un magma in risalita), e soprattutto, censire tutte le doline di sprofondamento (note in gergo come “voragini”) che si formano nel territorio.»
Giusto per curiosità, stiamo parlando di acqua in un’eruzione freatica, cosa provoca gli incendi?
«L’acqua (H2O) ad alta temperatura si scompone in idrogeno ed ossigeno. L’idrogeno, gas altamente esplosivo, reagisce con l’anidride carbonica (CO2) per formare metano. Sia il metano che l’idrogeno sono gas infiammabili.»
Lei riceve finanziamenti per supportare la ricerca sul bradisismo? Collabora con l’INGV?
«No, non ho alcuna collaborazione con l’INGV e non ricevo finanziamenti. Il mio interesse per Pozzuoli nasce dalla curiosità scientifica, ma soprattutto dal profondo legame con questa terra. Qui vivono le nostre famiglie, mio marito è anche lui puteolano, e qui risiedono gran parte dei nostri amici. È una connessione scientifica ed umana che mi spinge a cercare risposte e a condividere soluzioni per il benessere della comunità di Pozzuoli.»
Cosa si aspetta da domani? Cosa si dovrebbe fare?
«È evidente che il bradisismo di Pozzuoli ha raggiunto un punto che impone un cambiamento radicale nel pensiero scientifico. L’aver insistito per quarant’anni, quasi esclusivamente, sull’ipotesi della risalita o degassamento del magma, non soltanto è stato scientificamente miope ma anche ingiusto verso i cittadini di Pozzuoli, privati della speranza. Non solo bisogna proporre una chiave di lettura diversa del fenomeno, ma anche offrire una possibile soluzione al problema, mettendo al centro gli interessi dei cittadini di Pozzuoli. È chiaro che il fenomeno è complesso e che Madre Natura può trovare sempre il modo di sorprenderci con aspetti che sono ancora non chiari: la scienza è sempre in evoluzione. Tuttavia, al momento i dati scientifici ci consentono di avere un atteggiamento propositivo piuttosto che fatalistico.
Lo dico non solo da geofisico, ma soprattutto da Puteolana. Pozzuoli merita una risposta concreta.»