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Rifiuti nucleari a 60 km dai Campi Flegrei, Cesio e Cobalto nelle acque del Golfo di Gaeta

Rifiuti nucleari a 60 km dai Campi Flegrei, Cesio e Cobalto nelle acque del Golfo di Gaeta
  • Pubblicato15 Febbraio 2013
Dai controlli è emersa la presenza di Cesio e Cobalto nelle acque del Golfo di Gaeta

GAETA –  Cesio 137 ma anche Cesio 134 e Cobalto 60. Sono questi i materiali radioattivi che l’Istituto Superiore di Sanità già in una relazione del 4 agosto 1984, segnalava essere presenti e sedimentati nel Golfo di Gaeta: “Per una serie di ragioni descritte in notevole dettaglio nella letteratura tecnica, si sono prodotti fenomeni di accumulo del Cobalto e del Cesio, scaricati nel fiume Garigliano, all’interno del golfo di Gaeta. Ciò è indubbiamente legato all’insediamento della centrale”. E così anche un’indagine dell’Enea del 1980 che ugualmente rilevò contaminazione radioattiva in una vasta porzione di mare. Un accumulo trentennale e che, stando alle ultime analisi condotte dal Cisam di San Piero a Grado, non si è mai interrotto, di fatto continuando a inquinare le acque del golfo. Bassa o alta che sia la radioattività riscontrata, infatti, l’ambiente marino allo stato risulta inquinato e non è peregrino pensare che, preso atto della situazione, la Procura di Santa Maria Capua Vetere, dopo l’iniziale solo reato di irregolarità in materia di sicurezza nucleare (decreto legislativo 230/95), possa ora decidere di procedere anche per disastro ambientale.

NUOVI SCENARI – Un reato questo, che aprirebbe uno scenario nuovo e che metterebbe sul banco degli accusati anche i vari istituti che in questi anni si sono succeduti nei controlli, ultimo l’Ispra ovvero l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Nato con decreto legge del 2008 e con l’obiettivo di razionalizzare l’attività svolta da tre precedenti organismi così da assicurare maggiore efficacia alla protezione ambientale anche nell’ottica del contenimento della spesa pubblica, oggi un ente vigilato dal Ministero dell’Ambiente e per la Tutela del Territorio e del Mare il cui direttore è Bernardo de Bernardinis, 64 anni, professore di ingegneria idraulica, nominato dal Consiglio dei Ministri nell’ottobre del 2010 e condannato a sei anni con sentenza in primo grado di giudizio il 22 ottobre 2012 dal Tribunale de L’Aquila per omicidio colposo plurimo e lesioni perché componente della commissione grandi rischi che si occupò del terremoto abruzzese del 6 aprile 2009.

DIMISSIONI RESPINTE –  A onor del vero, a seguito della condanna de Bernardinis aveva offerto le proprie dimissioni ma queste, il 24 ottobre scorso, gli erano state respinte direttamente dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini che gli aveva riconfermato la fiducia.

FRANCESCO FURLAN