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Cronaca Primo Piano

POZZUOLI/ «Presa a schiaffi anche per uno sguardo» il racconto della donna violentata a Licola

POZZUOLI/ «Presa a schiaffi anche per uno sguardo» il racconto della donna violentata a Licola
  • Pubblicato29 Marzo 2019

POZZUOLI – «Voleva che io fossi sua, mi diceva che io dovevo soffrire e che una vita senza di lui non potevo averla» racconta Rosa (nome di fantasia), la donna di 27 anni, abusata e minacciata di morte con una pistola puntata alla gola dal suo ex. L’uomo, un 36enne di Pianura, è stato arrestato giovedì dai carabinieri per maltrattamenti, violenza sessuale aggravata e atti persecutori. I due si erano conosciuti attraverso Facebook nel 2012, poi l’inizio della relazione che portò l’uomo a lasciare dopo 5 anni la moglie e i figli piccoli per andare a vivere proprio con Rosa. Una storia durata 7 anni tra pressioni psicologiche, continue minacce e violenze fino a quando la vittima non ha trovato il coraggio di denunciare tutto ai carabinieri della stazione di Licola, che hanno arrestato l’uomo. Oggi Rosa è al sicuro a casa del fratello, ma i segni di quelle violenze restano sul suo corpo e nella sua mente.

IL RACCONTO – «Notai fin da subito che era un tipo violento ma mai avrei pensato che sarebbe arrivato a tanto. A volte mi dava qualche schiaffo per gelosia, ad esempio quando guardavo fuori a qualche bar. Spesso mi causava anche dei lividi ma non mi preoccupavo più di tanto –racconta Rosa– poi scoprii che faceva uso di droghe e questa cosa non l’accettavo e glielo dissi. Lui a quel punto mi chiese di seguirlo per un mese in Serbia per disintossicarsi e appena iniziò a stare bene mi chiese di andare a convivere. Accettai e nel 2017 lasciò la moglie e i due figli figli e andammo a vivere insieme, ma dopo 9 mesi finì tutto. Lui riprese a sniffare, fumare e bere, così lo lasciai e lui iniziò a diventare sempre più violento.

MINACCE E VIOLENZE – Tornai a vivere a casa di mia madre ma fu peggio, mi chiamava ad ogni ora, era diventato talmente un’ossessione che svenivo solo quando vedevo il suo numero apparire sul mio cellulare. Inventavo ogni scusa per evitarlo, ma quando veniva sotto al mio palazzo e mi minacciava io ero costretta a scendere per farlo calmare ed evitare che mia madre si preoccupasse ulteriormente. Cercavo di fargli capire che stava sbagliando, inizialmente mi dava ragione, sembrava che capisse ma poco dopo ritornava ad essere ancora più violento. Gli parlavo per telefono e gli dicevo che non lo volevo più, ma lui mi chiedeva sempre che voleva sentirselo dire da vicino. E così mi convinse. Quella sera si presentò dicendo che voleva portarmi a cena, poi mi portò in una spa, disse che voleva rilassarsi con me, ma era tutta una scusa. E quando gli dissi che non lo volevo più mi puntò la pistola alla gola».