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POZZUOLI/ La mala flegrea: 40 anni di equilibri in continua mutazione

POZZUOLI/ La mala flegrea: 40 anni di equilibri in continua mutazione
  • Pubblicato27 Dicembre 2017

POZZUOLI – Con l’arresto di Carlo Avallone, l’aspirante boss che per quattro mesi ha sovvertito gli equilibri della mala flegrea, si apre per l’ennesima volta un nuovo scenario. D’altronde, è sempre accaduto all’indomani di blitz delle forze dell’ordine o dopo l’uccisione di boss in quel momento al potere. Una geografia criminale destinata a mutare di continuo, con nuovi equilibri ed “esodi” di gregari dalla parte soccombente a quella vincente.

AI TEMPI DI RAFFAELE CUTOLO – Lo si è visto con l’arresto dei fratelli Ferro e di altri presunti affiliati nel novembre dello scorso anno, o con le 84 manette scattate nel giugno del 2010 o ancor prima nel 2003, con altri arresti eccellenti. Nonché con il duplice omicidio di Raffaele Bellofiore e Domenico Sebastiano risalente ad oltre 20 anni fa. E di equilibri ne se sono cambiati a partire addirittura dai primissimi anni ’80, quando bastava un solo nome a rappresentare la camorra, quello di Raffaele Cutolo. Ai tempi dell’organizzazione fondata dal “professore”, la Nuova Camorra Organizzata (Nco) a Pozzuoli si distinguevano tre gruppi: quello riconducibile a Rosario Ferro, detto “capa tosta” e fratello di Gaetano Beneduce, legato all’organizzazione bacolese guidata da Domenico D’Ausilio; il gruppo legato a Giovanni Di Costanzo, contrapposto a quello di Ferro ed infine la compagine guidata da Sigrfrido Giannuzzi a cui erano legati Sebastiano e Bellofiore.

ALLEANZE SEMPRE PRONTE A SALTARE – Mentre si consumava la guerra tra la Nco e la Nuova Famiglia, i Ferro e i Di Costanzo si allearono tra loro, con Giannuzzi a fare da rivale. Siamo nel 1983 e a dominare progressivamente saranno proprio Ferro e Di Costanzo, entrambi uniti anche da un tragico destino. I contrasti tra i due iniziarono a farsi evidenti, nonostante un accordo sulle spartizioni a metà degli introiti derivanti dalle attività illecite del clan, in quel momento molto attivo nella fornitura di videogiochi. Il gruppo si spaccò, con il relativo “passaggio” di uomini da una parte all’altra. Con i Ferro c’erano Gennaro Longobardi, Gaetano Beneduce, Salvatore Cerrone, Ottavio Garofalo e Nicola Palumbo; con Di Costanzo finirono Sebastiano e Bellofiore. Divise anche le zone di competenza: Toiano ed il lungomare ai Di Costanzo e Monterusciello ai Ferro.

BOSS UCCISI DAI LORO “EREDI” – Questi gli equilibri che però ressero solo alcuni anni. Nel novembre del 1988 venne infatti ucciso a Licola Rosario Ferro. Secondo il collaboratore di giustizia Carmine Toscanese, recentemente deceduto, Giovanni Di Costanzo prese parte all’agguato. Un omicidio che mutò ancora una volta le carte in tavola, prima di un altro efferato assassinio, quello in cui venne uccido lo stesso Di Costanzo e altre tre persone in quella che viene ricordata come la strage del Molosiglio, avvenuta nel dicembre del 1989. La guerra tra le due opposte fazioni andò avanti ancora per molto tempo, funestando quasi per intero gli anni ’90. A finire vittima del fuoco nemico anche Ottavio Garofalo, detto Avio, nonché altri personaggi legati al gruppo dei “quartaioli”, da sempre legati a Gennaro Longobardi tramite Salvatore Cerrone.

VIVO PER MIRACOLO, MA SOLO PER POCO – Nel 1995 anche Domenico Sebastiano rischiò di morire, colpito al collo da un colpo di fucile a pochi passi dal commissariato di piazza Italo Balbo. Se la cavò, ma due anni dopo venne trucidato assieme al socio di sempre Raffaele Bellofiore, un omicidio che spianò la strada ai Longobardi-Beneduce. Ed anche questi due ultimi boss finiranno per entrare in contrasto tra loro ad iniziare da metà degli anni 2000. Oggi la storia si ripete, con un nuovo repulisti da parte dei carabinieri che lascia troppe incognite sui futuri assetti della camorra puteolana.