POZZUOLI/ Duplice omicidio al Rione Toiano: carcere a vita per i boss Longobardi, Beneduce, Cerrone e Palumbo
POZZUOLI – È scattata una nuova ordinanza di custodia cautelare a carico di Gennaro Longobardi, Gaetano Beneduce, Salvatore Cerrone detto “o biondo” e Nicola Palumbo “faccia abbuffata”, condannati all’ergastolo per il duplice omicidio di Domenico Sebastiano e Raffaele Bellofiore avvenuto 27 anni fa al Rione Toiano. La misura è arrivata in seguito alla sentenza della Corte di Assise d’Appello che nel luglio scorso aveva ribaltato la sentenza della Cassazione che aveva fatto cadere le testimonianze dei pentiti che a loro volta erano stati cruciali per la condanna in I grado.
LA MISURA – L’ordinanza, emessa tre giorni fa, non cambia in sostanza lo stato dei quattro boss: tutti infatti sono attualmente detenuti per altre condanne. Tre dei quattro boss attualmente si trovano in carcere, due dei quali in regime di carcere duro: si tratta di Gaetano Beneduce, sottoposto al 41 bis a Spoleto e Nicola Palumbo detto “faccia abbuffata”, rinchiuso nel carcere di L’Aquila; non è sottoposto al 41 bis invece Gennaro Longobardi, che si trova nel carcere di Terni. Infine Salvatore Cerrone “o biondo” è sottoposto alla misura della casa lavoro nel nord Est d’Italia e a breve sarebbe dovuto rientrare a Quarto. Le difese (Palumbo, Longobardi e Cerrone sono difesi dall’avvocato Domenico De Rosa mentre Cerrone da Luca Gili) hanno presentato ricorso in Cassazione contro le condanne all’ergastolo.
L’AGGUATO – Il duplice omicidio fu condotto il 19 giugno nel 1997 quando un furgone -poi risulto rubato a Gaeta – scortato da alcune auto entrò nel Rione Toiano, all’epoca roccaforte del boss Salvatore Bellofiore. All’interno del mezzo viaggiavano almeno quattro persone, tutte incappucciate e munite di fucili da guerra, tra cui ci sarebbero stati i quattro boss, ritenuti mandanti ed esecutori. Sul posto anche uno “specchiettista”, che avrebbe avuto il ruolo di avvisare il commando dell’arrivo in strada delle vittime designate. Bellofiore e Sebastiano, all’epoca i boss di Pozzuoli, furono inseguiti e ammazzati tra i giardinetti e i palazzi popolari detti “carrarmati”.