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POZZUOLI/ Capodanno di sangue a Licola, nessuno sconto per l’accoltellatore

POZZUOLI/ Capodanno di sangue a Licola, nessuno sconto per l’accoltellatore
  • Pubblicato23 Marzo 2019

POZZUOLI – Una notte di Capodanno finita nel sangue quella trascorsa da tanti giovani  in una discoteca di Licola, dove un 21enne accoltellò all’addome uno dei tanti partecipanti alla festa. Ne seguì per l’aggressore l’arresto e una condanna per tentato omicidio a cinque anni e dieci mesi. La vittima, subito dopo il ferimento, venne trasportata d’urgenza all’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli e sottoposto ad intervento chirurgico.

RICORSO RESPINTO – Tre anni dopo quei tragici fatti, a chiudere definitivamente la vicenda sul fronte giudiziario è stata la Cassazione, che ha respinto il ricorso del condannato – Rosario Vassallo – per vedersi cancellare la pena inflittagli in primo grado e poi confermata in Appello, rispettivamente nel novembre del 2016 e nell’ottobre dell’anno successivo. Tra i due, vittima e accoltellatore, ci erano già state scintille per uno spintone all’uscita del locale di via Sibilla. A suffragare la versione del ferito non solo il riconoscimento fotografico del suo aggressore quando era ancora nel letto d’ospedale, ma anche le dichiarazioni dei suoi amici rese alla forze dell’ordine e poi al processo.

LA DIFESA – Diversi i punti sui quali ha fatto leva la difesa dell’accoltellatore per ribaltare la decisione dei giudici. Tra queste anche l’attendibilità delle dichiarazioni dei presenti e la legittima difesa. Inoltre, durante l’interrogatorio di convalida, l’arrestato raccontò che il coltello ritrovato sul luogo del ferimento dagli addetti alla sicurezza della discoteca non fosse il suo: il condannato, infatti, spiegò che all’entrata del locale era stato perquisito e trovato senza alcuna arma addosso. Tutto inutile: la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando l’uomo anche al pagamento di tremila euro. Sottolineano infatti i giudici come «la dinamica dell’accoltellamento deve ritenersi univocamente dimostrativa del fatto che l’azione di Vassallo conseguisse a una volontà omicida – aggiungendo – consentendo di affermare che l’imputato avesse voluto uccidere […] colpendolo all’addome, noncurante del rischio di causarne il decesso»