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L’INTERVISTA/ Luongo boccia il piano di evacuazione: «Pessimo. No ai lager sparsi per l’Italia»

L’INTERVISTA/ Luongo boccia il piano di evacuazione: «Pessimo. No ai lager sparsi per l’Italia»
  • Pubblicato5 Ottobre 2023

POZZUOLI – I continui sciami sismici non fanno dormire sonni tranquilli ai cittadini flegrei. La scossa di terremoto di magnitudo 4.2, che si è verificata alle 3.35 del 27 settembre, è l’evento più energetico della fase bradisismica iniziata alla fine del 2005 e attualmente in corso. Il sisma è stato avvertito in un’area ampia, con segnalazioni anche da Roma e Potenza, così come sottolineato dal servizio “Hai sentito il terremoto?” dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Nelle ultime settimane serpeggia una situazione di panico generalizzato: molti cittadini trascorrono le notti in bianco e in più occasioni le scuole sono state evacuate e gli studenti accompagnati dagli insegnanti nei cortili. Di questo ed altro ne abbiamo parlato con Giuseppe Luongo, professore emerito di Geofisica della Terra Solida e Fisica del Vulcanismo e già direttore dell’Osservatorio Vesuviano.

Professore, ci può spiegare in termini semplici – come farebbe con un bambino – cos’è il bradisismo?
«La definizione di bradisismo è molto semplice: significa moto lento del suolo. È una parola nata nella seconda parte dell’Ottocento per indicare il movimento verticale di sollevamento e abbassamento del suolo tipico dei Campi Flegrei».

Cosa lo differenzia da un terremoto?
«Il terremoto è una rapida vibrazione del suolo: questo fenomeno avviene lungo superfici di rottura della crosta che noi definiamo faglie. Il movimento del bradisismo, invece, è lento; è come se il suolo si adattasse continuamente a una spinta senza grande fratturazione. In realtà, invece, durante questo fenomeno il suolo si frattura, anche se naturalmente in profondità. Ecco allora che il bradisismo comprende sia un moto lento del suolo sia improvvise variazioni di questi movimenti che sono appunto i terremoti».

Il panico nelle ultime ore sta generando anche tanta confusione. Proviamo a fare chiarezza sulla caldera dei Campi Flegrei e sui pericoli per chi vive in questi territori.
«In questo momento il pericolo più imminente è rappresentato dai terremoti. L’opinione pubblica, invece, sposta l’attenzione solo una possibile grande eruzione che, se pure avvenisse, si verificherebbe dopo che avremmo subìto una serie di terremoti. A mio parere bisognerebbe definire in primis la zona più a rischio per i terremoti; verificare la risposta degli edifici a queste sollecitazioni sismiche ed evacuare quelli che non possono sopportare sollecitazioni più violente di quelle finora verificatesi. Tutto questo finora non è stato ancora fatto».

Il bradisismo può causare un’eruzione? Se sì, che tipo di eruzione sarebbe?
«Il bradisismo può terminare, come già avvenuto con le crisi degli anni 1970-1972 e 1982-1984, con il sollevamento del suolo e con una serie di terremoti per poi finire lì. Allo stesso tempo può dare origine a un’eruzione, come avvenuto nel 1538. In termini semplici e sintetici, durante un’eruzione, il magma risale verso la superficie, deforma il suolo e lo frattura. Generalmente – così come già accaduto nei Campi Flegrei – il magma, nel risalire verso la superficie, incontra masse d’acqua che passano rapidamente dallo stato liquido a gassoso, aumentando incredibilmente di volume e facendo esplodere la parte più superficiale del suolo, aprendo così la bocca eruttiva. Il magma, che sta più in profondità, risale naturalmente verso l’esterno e l’espansione dei gas contenuti nel magma frammentano questo materiale che finisce nell’atmosfera sotto forma di lapilli e ceneri che si distribuiscono poi sul territorio per caduta. Comunemente si depositano verso est. In passato sul nostro territorio si sono registrate eruzioni moderate, come quella del Monte Nuovo, oppure grandi eruzioni, come quella di 40.000 anni fa e di 15.000 anni fa. Tra queste due importanti eruzioni c’è tutta una grande attività eruttiva di minore energia che ha poi modellato il nostro territorio. Evidentemente, infatti, dopo l’eruzione del tufo giallo napoletano (15.000 anni fa ndr) c’è stato un collasso dell’attuale conca flegrea e all’interno sono così sorti vari centri eruttivi più piccoli, come la Solfatara, Agnano, Cigliano, il lago d’Averno, i fondi di Baia».

Il livello di sismicità è ormai simile a quello degli anni Ottanta. Cos’è cambiato in questi anni? Sono stati fatti passi in avanti in termini di monitoraggio e verifica di vulnerabilità degli edifici?
«Sicuramente c’è stata un’evoluzione significativa in termini tecnologici, ma non abbiamo fatto grandi passi in avanti nella definizione di questo fenomeno tant’è vero che oggi ancora si dibatte sulle cause del bradisismo. Bisognerebbe, invece, cercare di monitorare il fenomeno, definendo le aree maggiormente esposte e verificando la capacità del territorio nel sopportare queste sollecitazioni. Purtroppo in questi ultimi 40 anni non ci sono stati sviluppi significativi in tale direzione».

A quale magnitudo un terremoto può definirsi pericoloso?
«Non è solo la magnitudo quello che conta. Bisogna considerare anche la profondità e la vicinanza dell’evento. Un altro elemento da valutare è il tipo di frattura che crea un terremoto in superficie».

Dopo la scossa di magnitudo 4.2 si prevede un evento più energetico?
«Sì, si può ipotizzare un terremoto di maggiore energia. Negli anni Settanta, dopo la prima crisi, calcolai il massimo terremoto atteso ed emerse all’epoca un valore di circa 4.4. In questi giorni una serie di ipotesi ragionevoli ci fanno ipotizzare eventi di magnitudo compresa tra 4.1 e 4.8. C’è chi parla anche di un limite massimo di magnitudo 5. Sono naturalmente valutazioni, sempre affette da imprecisioni e nate sulla base di un’esperienza acquisita».

Qual è il suo giudizio sul piano di evacuazione?
«Pessimo. Non sono solo un tecnico, ma anche un cittadino flegreo e quindi mi sento coinvolto in prima persona. Secondo il piano, i ricercatori addetti a dare l’allarme finale alla Protezione Civile dovrebbero farlo 72 ore prima dell’evento. Ma questa previsione delle 72 ore, seppure definita su basi solide, non è assolutamente sicura in quanto al momento del segnale di evacuazione potrebbe già essere in corso un’eruzione. Ci dovrebbe essere, a mio parere, un piano B del Piano di Protezione Civile che tenga conto che non tutto possa andare per il verso giusto. Un altro aspetto che non mi trova d’accordo riguarda lo spostamento dei cittadini flegrei verso la Stazione Centrale di Napoli. Immaginiamo la migrazione verso piazza Garibaldi e cosa potrebbe accadere nella fase critica che precede l’eruzione: terremoti continui, ad esempio, che mettono in difficoltà la rete ferroviaria. Basti pensare che la scorsa settimana con una magnitudo di 4.2 i treni hanno smesso di circolare. Andare allora a piazza Garibaldi per farsi travolgere da lapilli e ceneri e magari trovare la stazione chiusa è un errore, ma nessuno ne parla perché probabilmente nessuno crede realmente che si possa verificare un simile scenario. Bisognerebbe a mio parere andare nella direzione opposta, spostarsi magari verso il litorale domitio come già avvenuto negli anni Ottanta. Un’altra area per la delocalizzazione della gente potrebbe essere quella dell’Alto Casertano, abbastanza lontana in termini di sicurezza, ma vicina per restare legati al nostro territorio. L’evacuazione, inoltre, andrebbe fatta a scaglioni, dando priorità alle fasce deboli: persone anziane, mamme con bambini e così via. Contesto, infine, anche i gemellaggi perché credo che costruire piccoli lager sparsi per l’Italia sia una cavolata allucinante».