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È morto in carcere il ras di Quarto Raffale Di Roberto “o russ”: si era pentito tre giorni prima

È morto in carcere il ras di Quarto Raffale Di Roberto “o russ”: si era pentito tre giorni prima
  • Pubblicato26 Marzo 2024

QUARTO – In questi giorni doveva essere ascoltato dai magistrati a cui avrebbe dovuto raccontare fatti, fornire riscontri e mettere a nudo i clan di Pozzuoli, Quarto e Marano ma è stato trovato morto in una cella nel reparto T2 del carcere di Secondigliano, quello riservato ai detenuti in isolamento. Raffaele Di Roberto, 50 anni, detto “o russ”, sarebbe stato stroncato da un infarto nella notte tra venerdì e sabato. Inutili sono stati i tentativi di rianimazione da parte del personale medico del penitenziario. La salma è stata sequestrata dal pubblico ministero di turno Domenico Musto e trasferita presso il II Policlinico di Napoli dove sarà effettuata l’autopsia che servirà a chiarire i tempi e le modalità che hanno portato al decesso.

L’ARRESTO – Di Roberto era stato arrestato martedì scorso in seguito a una serie di violazioni della sorveglianza speciale a cui era sottoposto dopo la scarcerazione di un anno e mezzo fa. Cinque giorni prima erano finiti in manette i suoi due figli Cristian e Antonio, arrestati nell’ambito dell’inchiesta dell’antimafia per estorsione ai danni dell’anziano titolare di un parcheggio di via Campana, attività che i due fratelli avevano condotto insieme ad un altro complice per nome e per conto del clan de “gli amici del Bivio” di Quarto, organizzazione che fa capo al boss Salvatore Cerrone detto “o biondo”. All’indomani delle ordinanze, però, Di Roberto senior si era illuso di poter barattare le sue confessioni con la liberazione dei figli che però, a loro volta, hanno preso la distanze rifiutando il programma di protezione riservato ai familiari dei collaboratori di giustizia. Stessa decisione presa dalla moglie, dalla nuora e da un terzo figlio che hanno deciso di rimanere nel comune di Quarto dissociandosi dal neo pentito.

IL PENTIMENTO – Raffaele Di Roberto è stato per trent’anni ai vertici del clan dei quartesi, alleati storici dei Longobardi di Pozzuoli. Fedelissimo di Cerrone, ha trascorso quasi la metà dei suoi anni in carcere per una lunga serie di reati tra cui tentato omicidio, spaccio, rapina, estorsione e detenzione di armi. In particolare Di Roberto faceva parte del gruppo più vicino al boss Gennaro Longobardi insieme a Peppe Chiaro, Riccio Carmine detto “faccia verde” e Giampaolo Villano.