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CAMORRA/ Quando il RAS dei Polverino voleva diventare pazzo

CAMORRA/ Quando il RAS dei Polverino voleva diventare pazzo
  • Pubblicato14 Gennaio 2015

di Alessandro Napolitano

Roberto Perrone, storico affiliato al clan Polverino oggi collaboratore di giustizia
Roberto Perrone, storico affiliato al clan Polverino oggi collaboratore di giustizia

QUARTO – Anche Roberto Perrone voleva diventare pazzo. L’escamotage per usufruire di benefici gli sarebbe stato proposto da chi già aveva provveduto a farsi certificare problemi mentali, Vincenzo D’Alterio, uomo legato al clan Mallardo di Giugliano e arrestato martedì assieme ad altre 11 persone dalla Guardia di Finanza. Tra queste anche chi era a capo del Dipartimento di Igiene Mentale dell’Asl Napoli 2 Nord, Gennaro Perrino, noto psichiatra ora in cella. Secondo l’Antimafia di Napoli, il medico avrebbe certificato problemi mentali a D’Alterio in cambio di un “favore”: uno sconto sul pizzo da pagare su un centro clinico.

LA PRATICA PER DIVENTARE “PAZZO” A raccontarlo è lo stesso ras del clan Polverino, oggi collaboratore di giustizia. Le sue dichiarazioni, riguardanti l’incontro con D’Alterio rese nel 2012, sono finite nell’inchiesta poi culminate con blitz delle fiamme gialle. «Lo conobbi in carcere, a Secondigliano, nel 2002-2003 e poi ci ho avuto a che fare dopo la mia scarcerazione nel 2008 a proposito di un’estorsione ad un campeggio allocato a Pozzuoli – racconta il pentito – Il soprannome “Vincenzo ‘o malato” prende origine dal fatto che aveva apprestato una pratica, con la complicità di medici e funzionari compiacenti, per il riconoscimento di una sua malattia mentale. Egli era pratico e conoscitore di questo settore ed aveva anche gli agganci giusti, tanto che fece cominciare anche a me l’istruzione di una pratica del genere per il riconoscimento di una mia invalidità; ciò è tanto vero che vennero presso la mia abitazione due funzionari dell’Asl, se non sbaglio dell’Igiene Mentale di Pozzuoli- Rione Toiano, per istruire questa pratica volta ad una falsa patologia mentale, lo acconsentii alla proposta di “Vincenzo ‘o malato” e furono proprio questi medici a spiegarmi quali sintomi avrei dovuto fingere di avere; successivamente, poiché avrei dovuto sottopormi anche ad alcuni ricoveri, desistetti e la pratica è tutt’ora aperta». Roberto Perrone, dunque, avrebbe potuto farsi certificare una patologia mentale in modo da poter usufruire di benefici simili a quelli riconosciuti allo stesso Vincenzo D’Alterio.

L’INCONTRO A QUARTO CON LO PSICHIATRA In un altro interrogatorio Roberto Perone racconta addirittura di incontri con lo psichiatra a capo del Dipartimento di Igiene Mentale dell’Asl, avuti nella sua residenza quartese dopo la scarcerazione del 2008: «Il professionista mi raggiunse presso la mia abitazione di Quarto in diverse occasioni, a bordo di una Fiat Panda riportante sul fianco la scritta Asl, accompagnato da un suo collaboratore, anch’egli compiacente; in tali circostanze il dottor Perrino o Perrini mi spiegò l’iter necessario per l’istruttoria della pratica, ovvero, iniziò a prescrivermi psicofarmaci e mi spiegò che, successivamente, mi avrebbe fatto ricoverare coattivamente presso l’ospedale Moaldi di Napoli. In sintesi, mi spiegò che avrei dovuto contattarlo di notte in modo che egli mi inviasse una auto ambulanza che mi avrebbe ricoverato presso il nosocomio Monaldi, ove era presente personale compiacente che mi avrebbe ricoverato per alcuni giorni, per essere sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio. A seguito di questi ricoveri, il professionista compiacente, dottor Perrino o Perrini, mi avrebbe stilato una relazione medica attestante lo stato di infermità mentale. Il tutto, chiaramente, sarebbe dovuto avvenire attraverso una cospicua corresponsione di denaro in favore del medico compiacente, come mi fu riferito da D’Alterio Vincenzo che era ricorso pure lui perla medesima prestazione».