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QUARTO/ Clan Polverino: nessuna scarcerazione anticipata per affiliato al clan

QUARTO/ Clan Polverino: nessuna scarcerazione anticipata per affiliato al clan
  • Pubblicato24 Ottobre 2019

QUARTO – Nessuna scarcerazione anticipata per Biagio Cante, 50 anni, considerato una figura apicale del clan Polverino e finito in manette nel  maggio 2011 nel corso dell’operazione Polvere coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.

TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA – L’uomo ha cercato di ribaltare la sentenza del Tribunale di sorveglianza del luglio 2018 con la quale gli era stata negata la possibilità di una liberazione anticipata, così come era stato già stabilito dal magistrato di sorveglianza di Avellino l’anno precedente. Il 50enne ha cercato di provare il suo allontanamento dall’organizzazione criminale che da anni opera tra Marano e Quarto. Biagio Cante, rivolgendosi alla Corte di Cassazione attraverso il suo legale, l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata sarebbero dovuti essere accertati concretamente e non basandosi su comportamenti antecedenti alla sua detenzione.

UOMO DI FIDUCIA DELL’ORGANIZZAZIONE – Secondo il Tribunale di sorveglianza di Napoli, «i più recenti accertamenti sul clan Polverino di Marano di Napoli consentivano di affermare che Cante era un affiliato storico di tale consorteria camorristica, nella quale ricopriva un ruolo apicale, essendo l’uomo di fiducia del vertice di tale sodalizio, rappresentato da Salvatore Cammarota. Tali affermazioni venivano corroborate dalle indagini in corso di svolgimento sul clan Polverino e dalle dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia, che evidenziavano come Cante fosse un esponente di primo piano nel settore degli stupefacenti». Inoltre «non si era verificato «alcun mutamento nel ruolo e nella posizione del medesimo all’interno dell’organizzazione criminale e che nonostante lo stato di detenzione va ritenuto un attuale legame con gli ambienti esterni di appartenenza, grazie a detenuti prossimi alla scarcerazione e tramite colloqui con familiari». Da qui la decisione della suprema corte di considerare il ricorso infondato.