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POZZUOLI/ Blitz anti-camorra, lo psichiatra Perrino ai domiciliari

POZZUOLI/ Blitz anti-camorra, lo psichiatra Perrino ai domiciliari
  • Pubblicato16 Gennaio 2015

di Alessandro Napolitano

Lo psichiatra Gennaro Perrino
Lo psichiatra Gennaro Perrino

POZZUOLI – Gennaro Perrino, lo psichiatra arrestato martedì con l’accusa di aver favorito il clan Mallardo ed in particolare uno dei suoi presunti boss, Vincenzo D’Alterio, ha ottenuto gli arresti domiciliari. L’uomo, 70 anni, al termine dell’udienza di convalida svoltasi in carcere davanti al Gip, è potuto così tornare nella sua abitazione di Vico Equense.

LE ACCUSE DEL PENTITO Da anni era a capo del Dipartimento di Igiene Mentale dell’Asl Napoli 2 Nord, fino al pensionamento dello scorso settembre. Secondo l’Antimafia di Napoli il medico avrebbe certificato una patologia mentale a D’Alterio, noto anche come “Vicienzo ‘o malato”, soprannome dovuto proprio al suo status di malato di mente. Contro lo psichiatra erano piovute le accuse di Roberto Perrone, ex capo zona del clan Polverino a Quarto, diventato poi collaboratore di giustizia. Secondo il pentito, Gennaro Perrino avrebbe non solo certificato il falso, attestando una falsa patologia all’uomo dei Mallardo; ma avrebbe anche incontrato lo stesso Perrone nella sua villa di Quarto nel 2009, in vista dell’inizio della procedura che avrebbe portato ad una falsa attestazione psichiatrica anche per il ras dei Polverino. Il tutto in cambio di uno “sconto” sul pizzo che un parente del medico avrebbe dovuto versare in vista dell’apertura di un centro clinico nel giuglianese. Accuse totalmente respinte dallo psichiatra nel corso dell’interrogatorio in carcere, assistito da un avvocato nominato d’ufficio.

L’ANTIMAFIA Contro il medico così si erano espressi i magistrati dell’Antimafia prima del blitz dello scorso martedì: «Con la sua condotta dunque, il Perrino ha procurato (tenuto conto del suo ruolo di medico di una struttura pubblica) un autonomo contributo causale alla realizzazione di un risultato che, nell’economia complessiva del disegno associativo, egli sapeva rivestire una particolare importanza per il conseguimento degli obiettivi strategici dell’organizzazione (in particolare in relazione alla disponibilità a stilare certificazioni sanitarie di comodo per far ottenere ai vertici del sodalizio benefici penitenziari o addirittura misura meno gravose di quella detentiva), ovvero utile, se non addirittura necessario, ai fini della sua conservazione o rafforzamento essendo chiaro che il reperimento di risorse attraverso la reiterata acquisizione di indennità di assistenza non dovute, consentiva un costante afflusso di denaro alle casse del clan».