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IL PENTITO/ Le rivelazioni di Pariante: « A Bacoli la consacrazione davanti ai boss»

IL PENTITO/ Le rivelazioni di Pariante: « A Bacoli la consacrazione davanti ai boss»
  • Pubblicato19 Giugno 2014

di Fabio Postiglione

cosimo di lauro
Cosimo Di Lauro, figlio di “Ciruzzo ‘o milionario”

NAPOLI – Non è fiction, non è il racconto di una delle puntate di “Gomorra”: è la realtà. Il retroscena di una guerra che ha portato al suolo 84 persone trucidate in nome del “Dio denaro”. Circa un mese fa uno dei capi di quella camorra si è pentito e il suo primo verbale è stato depositato lunedì in un’aula del Tribunale di Napoli nel corso dell’udienza preliminare per il duplice omicidio di Fulvio Montanino e Claudio Salierno, avvenuto il 28 ottobre del 2004. Il primo attacco frontale al gruppo Di Lauro da parte del neonato clan degli scissionisti. In otto pagine Rosario Pariante ha descritto le fasi di quel delitto che lui stesso ha ordinato da dietro alle sbarre in un’aula dello stesso Tribunale da dove ieri il pm della Dda ha svelato la sua scelta di diventare collaboratore di giustizia.

 

L’OMICIDIO – «Avevano ucciso Federico Bizzarro a Qualiano, era un nostro affiliato e cercammo di comprendere chi fosse stato. Vennero a processo nel pubblico due nostri affiliati ossia Arcangelo Abete e Antonio Ronga detto “’o curto”». I tre cercano di comunicare tra loro e lo fanno con i segni convenzionali che usano i camorristi, ovvero a gesti. «Abbiamo comunicato io dalla cella e loro dal pubblico in quanto tra noi bastavano poche parole, pochi gesti per capire chi era stato. Io mimai con gesto delle due dita che girano su se stesse che indicano l’omicidio e con il labiale chiesi chi era stato. Abete rispose mimando una coda di cavallo che indicava per me senza ombra di dubbio Cosimo Di Lauro, il figlio di Paolo che portava il codino». La prima cosa che decide di fare Rosario Pariante, appena saputo che ad ammazzare il suo uomo era stato Cosimino è quella di condividerla con i fratelli Abbinante che erano con lui in cella in Tribunale, assieme pero ad Errico D’Avanzo, cognato di Paolo Di Lauro.

 

LA NOTIZIA DEL DELITTO ATTRAVERSO IL GIORNALE – «Ho subito condiviso questa notizia con i fratelli Abbinante, ossia Guido, Antonio e Raffaele Abbinante. Commentammo l’accaduto e vedemmo anche le facce preoccupate di Abete e di Ronga. Quindi decidemmo di fare anche noi qualcosa contro Cosimo Di Lauro. In quella stessa udienza decidemmo di reagire. La persona da eliminare che potesse danneggiare Cosimo Di Lauro era Fulvio Montanino. A proporlo fu Antonio Abbinante e noi altri, ovvero io, Guido Raffaele. Quest’ultimo aveva anche motivi di rancore personale nei confronti di Montanino in quanto aveva sparato negli anni ’91, ’92 e ’93 tale Tramontano il quale era un simpatizzante degli Abbinante e svolgeva per loro attività illecite. Montanino non avvertì di questo omicidio. Io diedi materialmente l’ordine e pronunciai il nome “Fulvietto” al che Abete e Ronga capirono e fecero un cenno con la testa, Era questo il mondo in cui comunicavo a miei affiliati: poche parole e un cenno della testa». Un delitto voluto per dare il segnale che era arrivato il momento di cambiare rotta. Poi Pariante finì al carcere duro e seppe dell’omicidio leggendo “Il Roma”. È lui a dirlo al magistrato: «Seppe del delitto leggendo il Roma».

 

A BACOLI LA CONSACRAZIONE DI COSIMO – Nei racconti di Pariante ci sono tanti omissis, soprattutto in relazione agli omicidi. Racconta inoltre di come il rampollo Cosimo Di Lauro fu “promosso” capo del clan. «Cosimo fu consacrato davanti ai boss nel corso di un pranzo in un ristorante di Bacoli». «Tornando ai miei incontri con Paolo Di Lauro nel 2000 parlavamo di varie cose tra cui la possibilità di fare un passo indietro nella gestione dei nostri clan per darci al contrabbando di sigarette. Io dissi a Paolo che non intendevo farlo per mio figlio ma gli dissi che se lui voleva farlo era libero. In quanto sempre eravamo stati liberi nella gestione dei nostri affari all’interno dei nostri sottogruppi. Come ad esempio Enzo Di Lauro si acquistò i capannoni di tale Gorgone mobiliere a 300 metri dal carcere di Secondigliano, a ciò partecipò anche Lino Pierro e pur se mi fu offerto di partecipare all’affare per educazione, ma io rifiutai non essendo interessato. Quindi Paolo mi conferma di voler mettere a capo del clan il figlio Cosimo. Con il nostro consenso, ossia il mio e del padre in quanto il parere di Raffaele Abbinante non contava in tali decisioni, Cosimo divenne capo. In quel periodo Cosimo aveva un problema alla gamba ricordo anche che organizzammo una festa a Bacoli in un ristorante chiamato Gardenia. In quest’occasione eravamo 20 affiliati tra cui ricordo Maurizio Prestieri, Raffaele Amato, Ciro Di Lauro, Enzo Di Lauro, Arcangelo Valentino, Paolo Di Lauro, non ricordo se c’era Errico D’Avanzo, ma non c’era nessuno degli Abbinante. In quest’occasione egli disse ai commensali che io e lui ci ritiravamo in pensione e chi prendeva il comando come Di Lauro era Cosimo suo figlio, che non era presente. Tutti i presenti erano già a conoscenza di questa decisione».

 

LA FAIDA – Fu quella la consacrazione per Cosimo che nel giro di 4 anni scatenò la più sanguinosa faida dell’area nord di Napoli. Per i suoi rapporti economici con Paolo Di Lauro, Pariante ricorda che risalgono dalla fine degli anni Novanta e in particolare «da quando io dal soggiorno obbligato a Bacoli potei nuovamente recarmi liberamente a Secondigliano, in particolare terminai di scontare il 23 o 24 dicembre del 1999. Ricordo che nel 2000 io tornai ad incontrarmi tutti i giorni con Paolo Di Lauro in una casa nei pressi della sua abitazioni, in particolare alle spalle di casa sua era la casa di Pasquale a carogna che vendeva in Grecia i giubbotti di pelle. Voglio precisare che Di Lauro aveva fabbricato giubbotti in precedenza, nel 2000, si dedicava al commercio dei trapani e di vari oggetti commercializzati dai magliari».