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POZZUOLI/ Saldi flop, SOS dei commercianti «Problema sociale, bisogna intervenire con una Task Force prima che sia troppo tardi»

POZZUOLI/ Saldi flop, SOS dei commercianti «Problema sociale, bisogna intervenire con una Task Force prima che sia troppo tardi»
  • Pubblicato18 Luglio 2013
Uno dei numerosi locali chiusi nel centro storico di Pozzuoli

POZZUOLI – Saldi flop a Pozzuoli. Sulla grave crisi che sta investendo il commercio puteolano, è intervenuto Daniele Lattero, attuale presidente di “Confimprenditori Napoli-Area Flegrea”, che ha lanciato un accorato appello affinché il “problema commercio” venga trattato come “problema sociale” mettendo alla luce quelle che, a suo dire, sono le cause della grave crisi che il commercio nostrano sta attraversando negli ultimi tempi.

 

LA LETTERA – “Sulla chiusura continua di tante attività commerciali e sui ripetuti flop dei saldi, più volte purtroppo si è scritto e lanciato, inutilmente, l’allarme. Che il commercio locale stia attraversando un periodo difficilissimo legato in gran parte alla grave crisi economica che investe l’intero Paese, è sicuramente un dato oggettivo. Ma “la crisi” non è l’unica responsabile.

 

SPARITI I CITTADINI – La crisi economica si è innestata sulle problematiche locali. Ed il risultato di ciò è l’alta precarietà di sopravvivenza di molti esercizi commerciali della città. Un fenomeno che si manifesta maggiormente, mostrando tutta la sua drammaticità, nel cuore del Centro Storico cittadino. Il problema non è quello dei cittadini che non spendono, il problema è che sono spariti i cittadini.

 

Daniele Lattero - Presidente Confimprenditori

IL CENTRO STORICO MUORE – perché è stato bruciato il tessuto sociale. Attraversare le vie della città e vedere negozi aperti e desolatamente vuoti, passeggiare per il Centro Storico e vedere i tanti cartelli di “fittasi” sulle serrande di negozi che con le loro luci accese, con il loro fare impresa, hanno in passato contribuito a tenere viva una città che non si è voluta piegare nemmeno al bradisismo, non può che generare un forte senso di sconforto, di solitudine, di sconfitta. A fronte di tale situazione è doveroso non rimanere silenti e soprattutto non addossare, semplicisticamente, tutte le colpe di quanto accade alla “grave crisi”. E’ necessario che ognuno, in virtù del ruolo che ricopre, si interroghi su come e perché si è arrivati a tanto, su dove si è e si continua a sbagliare, su dove e come intervenire per contrastare questa deriva socio-economica.

 

CAUSE ED EFFETTI – Sicuramente, come già detto, questa prolungata recessione sta incidendo pesantemente sulle imprese che su questo territorio operano, ma le cause di quel che si vive oggi vengono da lontano. Vengono da una politica “paesana” e poco lungimirante,che ha preferito accontentare di volta in volta le richieste del ristretto gruppo di amici di turno invece di pianificare, in concerto con chi sul territorio opera da sempre, un serio sviluppo commerciale, un qualcosa di diverso dall’attuale sempre più povero e fugace assalto ristorativo del fine settimana. Cause ed effetti non nascono dal nulla, nascono dalle scelte fatte. Scelte spesso sbagliate, spesso figlie di interessi trasversali, come quelle, ad esempio, prese in tema di commercio dove si è preferito cedere alle lusinghe della grande distribuzione organizzata piuttosto che difendere il tessuto commerciale delle tante piccole imprese locali, indispensabile per mantenere vivi i piccoli borghi, i centri storici cittadini.

 

Poche le vendite durante i saldi estivi

I PROGETTI – Una scelta, quella di puntare sui grandi centri commerciali, che inizialmente ha creato posti di lavoro (e di pari passo consensi politici) ma che ben presto ha poi prodotto solo una concorrenza squilibrata a danno dei negozi di vicinato, la chiusura di tante micro e piccole imprese, un numero di posti di lavoro bruciati superiore di gran lunga rispetto a quelli creati con l’insediamento di queste cattedrali commerciali. Senza dimenticare gli effetti sul territorio generati da tali scelte: interi quartieri progressivamente svuotati della propria identità, dei necessari servizi di supporto, dei residenti che lo animavano. Localmente per anni si sono rincorsi futuribili e faraonici progetti e non si è visto quello che nel presente accadeva. Si sono rincorse navi crociere e casinò e non si è visto che giorno dopo giorno, venivano soppresse linee locali di trasporto pubblico, che giorno dopo giorno i vari quartieri della città erano sempre meno collegati tra loro, che giorno dopo giorno la città era sempre meno raggiungibile. Ingenuamente ogni volta si è sperato nella politica creativa dell’amministrazione di turno, pronta a sbandierare, illusoriamente, sogni e progetti in campagna elettorale per poi dimenticare tutto nel corso della legislatura.

 

CENTRO STORICO MALATO – Autolesionisticamente, non sempre l’imprenditoria locale è stata cosciente della propria forza, della necessaria e strategica necessità di fare unione. Troppe volte ci si è accontentati di vuoti provvedimenti populistici che nulla poi hanno realmente prodotto per la collettività. Colpevolmente, non sempre le associazioni sindacali di categoria hanno saputo “aprirsi” agli operatori (iscritti o non iscritti), e saputo ben comunicare le preoccupazioni legate al varo di progetti o provvedimenti che mostravano più incertezze che certezze. Non sempre si è saputo far capire agli operatori l’importanza di essere espressione non di un singolo operatore ma espressione di un’economa capace di sedere ai tavoli istituzionali e far sentire le proprie ragioni. Economicamente oggi la città, ed in particolare modo il Centro Storico, è come un malato che colpito da infarto ha bisogno urgentemente di un defibrillatore e non della giornaliera aspirinetta che semplicisticamente gli è stata somministrata fino ad oggi.

 

LA STORIA – Oggi a fronte di una situazione di straordinaria criticità, occorre avere il coraggio di pensare ad interventi di pari straordinarietà. Ed in quest’ottica di straordinarietà, viene in mente quanto fatto, secoli addietro, dal vicerè spagnolo Don Pedro de Toledo, che amava Pozzuoli. Con l’eruzione del MonteNuovo che sconvolse Pozzuoli, quasi tutti i puteolani furono costretti ad abbandonare la città che in poco tempo divenne una città morta. Il viceré conscio della gravità del momento, per invogliare bottegai e cittadini a ritornare in città, li esonerò temporaneamente dal pagamento di determinate imposte, si adoperò per rendere di nuovo bella ed accogliente la città, invitò nobili e patrizi delle famiglie più in vista della città di Napoli, ad investire in città. In poco tempo Pozzuoli ricominciò a rianimarsi, i provvedimenti adottati favorirono il ritorno dei puteolani, le botteghe man mano riaprirono e ripresero le loro attività. La città si rimise in moto. Questo accadeva nel 1500. Oggi come nel lontano 1500, occorre che la politica metta in campo provvedimenti straordinari come straordinaria è la crisi che vive la città.

 

ISTITUIRE UNA “TASK FORCE” – E’ necessario chel’Amministrazione comunale con il contributo delle Associazioni sindacali di categoria, istituisca una task force mista che affronti il problema commercio a Pozzuoli come problema ormai sociale, bisognevole di interventi concertati e di una ridefinizione, nei limiti del possibile, dell’incidenza degli oneri in materia di fiscalità locale. E’ necessaria un’assunzione di responsabilità da parte di tutti per costruire un percorso che viaggi su due binari: uno che guardando ai problemi dell’oggi si attivi per consentire la sopravvivenza dell’odierno tessuto commerciale, l’altro che, prevedendo il coinvolgimento di altri livelli (Comunità Europea, Regione, Provincia, Camere di Commercio, etc) guardi a progetti che prevedono per la loro complessità, impegni e tempi di attuazione a medio e lungo termine. Dunque due e binari un unico obiettivo : lavorare nel presente programmando con attenzione il futuro della città E questo bisogna farlo subito. Prima che sia, definitivamente, troppo tardi.”