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POZZUOLI/ Quando il boss diceva di sé: «Io sono la mente, loro in testa sono vuoti»

POZZUOLI/ Quando il boss diceva di sé: «Io sono la mente, loro in testa sono vuoti»
  • Pubblicato17 Novembre 2017

POZZUOLI«Loro sono i killer ma in testa sono vuoti, la vera mente sono io». Sarebbe stata questa la considerazione che Gaetano Beneduce aveva del gruppo opposto al suo, quello di Gennaro Longobardi e dei “quartaioli”, vale a dire l’ala quartese del clan di Pozzuoli nota anche come “Quelli del Bivio”. A raccontare il retroscena è stato Francesco De Felice, storico affiliato al gruppo criminale poi divenuto collaboratore di giustizia nel 2009. Le sue dichiarazioni “fiume” hanno inciso non poco sulle indagini che nel 2010 portarono all’arresto di 84 tra capi e gregari del clan.

LE NUOVE DICHIARAZIONI – Ma lo stesso De Felice è stato chiamato nel 2016 nuovamente a rispondere su diversi episodi criminali avvenuti tra Pozzuoli e Quarto. Il pentito ha raccontato che durante un periodo di detenzione comune con Gaetano Beneduce, il boss si lasciò andare ad alcune esternazione in merito al “peso” di coloro con cui una volta era alleato, ma cui poi avrebbe sempre avuto cattivi rapporti. Così De Felice in un interrogatorio risalente al luglio di un anno fa: «Mi confidò che qualora fossero stati tolti da mezzo i quartaioli, nella guerra tra lui e Longobardi avrebbe vinto “100 a zero ” perché a Pozzuoli Longobardi nessuno lo poteva vedere mentre a lui volevano bene tutti. E aggiunse che proprio i quartaioli che erano alleati con Longobardi, pur avendo fatto tutti gli omicidi per conto del clan da lui diretto, dovevano a lui tutte le strategie degli omicidi. Disse testualmente “loro sono i killer ma in testa sono vuoti, la vera mente sono io”. Anche in relazione all’omicidio Sebastiano-Bellofiore, proprio per rimarcare i limiti dei quartaioli disse pure che fu lui a pensare di utilizzare un furgone sul quale avrebbe voluto anche mettere l’insegna pubblicitaria “Patatine San Carlo”».

CONDANNATO A 30 ANNI – Gaetano Beneduce, dunque, la vera mente del clan secondo le sue stesse parole. Oggi il 65enne sta scontando 30 anni di galera in regime di “carcere duro” ed appena una settimana fa è arrivata per lui – così come per Gennaro Longobardi, Nicola Palumbo e Salvatore Cerrone – una nuova ordinanza di custodia cautelare per il duplice omicidio degli ex boss Domenico Sebastiano e Raffaele Bellofiore.