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L’INTERVISTA/ Dai campetti di Pozzuoli alla serie A, Gennaro Sardo si racconta «Porto la mia città nel cuore»

L’INTERVISTA/ Dai campetti di Pozzuoli alla serie A, Gennaro Sardo si racconta «Porto la mia città nel cuore»
  • Pubblicato13 Settembre 2014

di Gennaro Del Giudice

Il terzino del Chievo Verona Gennaro Sardo
Il terzino del Chievo Verona Gennaro Sardo

POZZUOLI – Per il CT della nazionale italiana Antonio Conte nel calcio «Serve fame, non fama». E lui, Gennaro Sardo da Pozzuoli, di fame nel calcio ne ha avuta tanta. Una fame che gli consentito di scalare l’olimpo del calcio italiano fino ad arrivare alla massima serie. E la fama di essere il puteolano che ha portato il nome della città di Pozzuoli in giro per gli stadi di tutta Italia. Gennaro Sardo, terzino destro del Chievo, è uno dei volti puliti del calcio italiano «Prima uomo e poi calciatore» come egli stesso si definisce. La sua è stata una lunga gavetta fatta di sacrifici, speranze e quei sogni che accompagnano tanti ragazzini che quotidianamente calpestano i campetti delle periferie di Pozzuoli, dove si gioca a calcio ovunque, basta che ci sia un pallone. Una scalata iniziata nei quartieri tra Monterusciello e il Rione Toiano, tra i provini sui campi della provincia di Napoli. Poi i primi contratti con Giugliano, Palmese, Sant’Anastasia, Terzigno, le esperienze con il maestro Zeman alla Salernitana, poi Avellino, Piacenza, fino al grande salto in serie A prima a Catania e poi Chievo, dove il 31 agosto scorso ha tagliato il nastro delle 6 stagioni con i veronesi, la nona in serie A.

 

IL RITORNO – Gennaro Sardo domenica ritorna a Napoli dopo l’euro-gol segnato a Rafael lo scorso anno, un gol che gelò il San Paolo riempiendo d’orgoglio quel 35enne venuto da Pozzuoli, e quanti hanno vissuto con lui gioie e sofferenze di una carriera costruita con sacrifici e umiltà. Centoottantacinque presenze in serie A condite da 8 gol, tutti pesanti: tra le sue vittime ci sono i “top” portieri Buffon (a cui ha segnato due volte), De Sanctis, Rafael, Frey, Agazzi. «Mi sento orgoglioso perché a 35 anni mi trovo ancora a giocare in serie A contro il Napoli e altre squadre di massimo livello. Tutto ciò lo devo alla mia famiglia, a mia moglie Daniela e a mia figlia Aurora, sono loro che mi danno la cosa più importante che un calciatore può avere» racconta al nostro giornale mentre si accinge a partire alla volta di Napoli, dove appena un anno fa segnò un gol da 35 metri che fermò la squadra di Benitez.

 

Gennaro, cosa hai provato l’anno scorso dopo il gol segnato al San Paolo contro il Napoli?

E’ stata una gioia indescrivibile segnare il quello stadio e in quella maniera. Esultai per la felicità, per la soddisfazione di segnare al San Paolo, non certo per la gioia di aver dato un dispiacere alla squadra del Napoli.

 

Proprio tu, tifoso del Napoli….

Si. Da piccolo seguivo il Napoli allo stadio, ricordo ancora gli anni ’90, l’anno del secondo scudetto. E ho impresso ancora nella mente quell’assist di Maradona per Baroni che segnò contro la Lazio il gol che valse il secondo titolo agli azzurri.

 

Qual è il segreto per giocare nella massima serie a 35 anni?

Stare in casa, mangiare bene, avere una famiglia che ti sta accanto. Se si vive bene fuori, si sta bene anche in campo.

 

Chi è Gennaro Sardo?

Sono una persona semplice, umile a cui non piace apparire. Fuori dal campo sono un uomo, una persona come tutte le altre, non mi sento un calciatore di serie A. Bisogna essere prima umili uomini e poi calciatori.

 

Il tuo futuro da calciatore sarà ancora a Verona?

Due anni fa avevo praticamente chiuso con l’Atalanta del direttore Marino, ma il Chievo non volle assolutamente farmi partire. La società dimostrò grande attaccamento nei miei confronti. Ho il contratto in scadenza nel 2015 ma che dovrei prolungare. Chiuderò la carriera al Chievo anche se mi sarebbe piaciuto concluderla a Pozzuoli, anche in Lega Pro sarei venuto di corsa.

 

Ricordi il tuo esordio in serie A?

Certo, fu nel 2006, giocavo a Catania. Affrontammo in trasferta il Cagliari e vincemmo uno a zero grazie a un gol di Giorgio Corona.

 

Il tuo gol più bello dopo quello segnato al Napoli l’anno scorso?

Senza dubbio a Buffon con il Chievo. Fu un gol storico, valse la prima vittoria della storia del Chievo contro la Juventus.

 

Chi è stato l’allenatore da cui hai imparato di più?

Zeman. Per me è stato un allenatore unico, un uomo straordinario. Per Zeman viene prima l’uomo e poi il calciatore. Per lui i nomi non esistono, esistono lavoro e allenamento. A lui devo anche il mio carattere, la mia umiltà. Se oggi sono in serie A è per merito suo.

 

Chi è stato il compagno di squadra più forte con cui hai giocato?

Sono tanti. Giovanni Stroppa quando giocavo ad Avellino, Beppe Mascara Catania, Cruzado l’anno scorso al Chievo e Botta quest’anno, è fortissimo.

 

E l’avversario che più ti ha impressionato?

Ibrahimovic. Ibra mi ha impressionato per forza fisica e tecnica. Subito dopo metto Eto’o e Kaka, altri due che quando giocano sono imprendibili.

 

Chi sono le persone che hanno segnato la tua carriera?

Devo tanto al professor Ennio Di Bonito, ai tempi della scuola ad Arco Felice e della Puteolana. Mi è rimasto impresso il suo attaccamento nei mie confronti., mi portava in giro a fare i provini, ha sempre creduto in me. Poi c’è il mio amico Francesco Aiello, che ha vissuto praticamente tutta la mia carriera, la mia vita ed è stato lui a farmi conoscere la donna che oggi è mia moglie. Francesco è una persona importante per me. E poi ovviamente ci sono mia mamma e mio padre, che mi dicevano sempre di pensare prima alla scuola e poi al calcio.

 

Pozzuoli, la tua città. Cosa si prova a vivere così lontano?

A Pozzuoli ci vengo spesso, seguo le vicende della città e della Puteolana. Preferirei vedere una Pozzuoli migliore, è una città bellissima, meriterebbe di essere valorizzata perché ha tante risorse. Mi fa male vedere quando le cose vanno male. Bisogna valorizzare le nostre ricchezze, vedo che il nuovo sindaco (Figliolia ndr) sta facendo tanto. Nel mio piccolo spero di aver portato in giro per l’Italia un’immagine positiva della mia città.

 

Cosa farà da grande Gennaro Sardo?

Mi vedo allenatore, mi ispiro a Zeman, mi piace attaccare e mi piace il suo 4-3-3. I gol che ho fatto li ho realizzati grazie alla sua mentalità offensiva. Mi piacerebbe fare anche l’osservatore per scoprire nuovi talenti, magari tanti puteolani da lanciare in serie A.