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Hot Live Jazz

Hot Live Jazz
  • Pubblicato13 Febbraio 2013
Bagnoli Power Jazz Festival

LEGGO che la “rassegna, che si terrà per tutti i giovedì di Febbraio, passerà attraverso proiezioni di lungometraggi e cortometraggi sul jazz per poi sfociare nei live set.” L’evento mi è sembrato subito interessante e non ordinario. Leggo che il progetto proposto per il live set è Le Jazz Hot, “due chitarre, una voce e un contrabbasso, ripropongono attraverso la tradizione della musica manouche le atmosfere del jazz europeo cercando di ispirarsi al suo più grande maestro, Django Reinhardt.” E’ abbastanza per incuriosirmi!

Il progetto Le Jazz Hot nasce nell’estate del 2012 da un’idea di Lorenzo Rovito e Annalisa De Martino (aka Liz Martin), cantante polistrumentista compositrice, ex-pianista classica votata da diverso tempo alla chitarra blues. Riccardo Ievoli, cellista del conservatorio San Pietro a Majella e bassista elettrico, trova nel contrabbasso una nuova passione, entrando a far parte del gruppo solo a settembre. A fine performance ho la conferma che è valsa la pena di sfidare il freddo di un noioso giovedì.

La serata è stata molto divertente, mi sono sentita catapultata in un’altra dimensione temporale. Contatto gli artisti attraverso la voce del trio, Liz Martin, che mi sorprende nuovamente per la serenità della sua disponibilità. Le chiedo di raccontarmi come nasce il loro progetto dal punto di vista umano, mi rivolgo ad Annalisa, la donna che è dietro l’artista Liz, e le chiedo di raccontarmi di Lorenzo, Riccardo e lei.

«Le nostre storie personali sono molto diverse. Io ho studiato pianoforte classico per 10 anni (come chitarrista e cantante sono autodidatta, Riccardo studia sia violoncello classico al conservatorio che basso elettrico da privatista e Lorenzo ha iniziato a studiare chitarra jazz da bambino. Io e Lorenzo ci siamo conosciuti frequentando un corso di audio digitale, con Riccardo abbiamo amici comuni. Inoltre Lorenzo e Riccardo suonano insieme nel gruppo blues Central Vowel Addiction» – Sorrido quando apprendo che Lorenzo si appassiona al genere manouche a 10 anni  giocando al videogioco Mafia, ambientato negli anni ’30 che come molti di voi sapranno ha una colonna sonora esclusivamente swing.  Subito le chiedo di spiegarmi, da profana, la ritmica manouche.

«Il manouche -sinonimo di “sinti”, una etnia dei popoli romanì- è un tipo di musica “inventato” da un chitarrista belga con origini zingare di nome Django Reinhardt, il quale è riuscito a coniugare il jazz di matrice americana, che negli anni ’30 si esprimeva principalmente attraverso le sonorità swing, con le musiche tzigane della sua cultura, dando vita al jazz europeo, o hot jazz. Tra l’altro le peculiarità del gipsy jazz (posizioni degli accordi, frasi d’improvvisazione) sono state pesantemente influenzate dalla menomazione alla mano sinistra che Django aveva subito in seguito ad un incendio e che non gli consentiva di suonare in maniera “ortodossa”. Insomma dietro questi brani c’è un sacco di storia, che consigliamo vivamente di approfondire».

Tra i pezzi ascoltati non c’erano inediti… «Per ora non abbiamo avuto materialmente il tempo per dedicarci a dei brani originali. Una scelta anche voluta, dato che cerchiamo di concentrarci sul replicare quanto più fedelmente possibile le atmosfere degli anni ’30, a partire dalla strumentazione. Chi ci ha visti dal vivo, sa che suoniamo su delle chitarre “speciali”. La solista deve avere un suono particolare, un incrocio tra una chitarra classica ed una acustica. La chitarra ritmica invece è costruita e suonata in maniera da sopperire alla mancanza nella band di una batteria. Certo è difficile proporre questo genere nel suo spirito originale, visto che veniva suonato nelle “discoteche” di un tempo: la gente non stava compostamente seduta ad ascoltarne i concerti, ma anzi si scatenava trascinata dal ritmo».

Porgo un’ultima domanda a Liz, che riguarda la condizione dei giovani musicisti emergenti... «Sarebbe meraviglioso riuscire a vivere solo di questo. A Napoli ci sono belle iniziative, ma la cultura non sembra decollare come in altre città italiane e, soprattutto, estere. Per degli emergenti è difficile trovare spazio, c’è una sorta di iter obbligato. Se credono in te le persone giuste e suoni nei posti giusti, ti si aprono possibilità di crescita, altrimenti sei tagliato fuori. Ma non vogliamo cadere nella trappola delle banalità e del fare di tutta l’erba un fascio: ci sono luoghi di importante aggregazioni culturale anche a Napoli, gestiti da grandi professionisti, anche molto giovani. Noi siamo sempre in cerca di persone valide, altri musicisti e organizzatori di eventi, soprattutto quelli “fuori dal giro”, quelli che non hanno i soliti contatti noti a tutti, per poter unire le forze e dare vita a movimenti artistici ai quali prestare la nostra manodopera. Per adesso continuiamo per la nostra strada, ringraziando di cuore per i complimenti che ci vengono fatti e godendoci le splendide serate di musica live che ci vengono offerte».

La mia domanda era provocatoria ma la loro umiltà mi ha impedito di metterli in difficoltà. Vi invito ad ascoltare Le Jazz Hot in una delle loro date. La più vicina è il 21 Febbraio al Penguin Cafè.

Info http://www.facebook.com/lejazzhotnapoli?fref=ts

ANNA SORRIDI

Pensieri e parole…l’altra faccia dell’evento.

LE FOTO

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